Carne umana ai festival del cinema 2016: da servire nel 2017?

Quanto è piaciuto il sapore di sangue al 2016!

E non si sta tirando la solita manfrina su tutti i personaggi famosi che sono stati spuntati sulla lista della Nera Falce negli scorsi 366 giorni. Qui si parla in termini puramente cinematografici e letteralmente cannibali: dai film dell’anno passato non si può fare a meno di notare un vivace appetito per la carne umana e il gusto in questione è tanto più singolare quanto più si scopre studiato e preparato per palati d’autore.

Qui non si vuole trattare di prodotti tipicamente pop, per esempio alla The Green Inferno, ma di tre opere in particolare presentate ai festival del cinema di Venezia e di Cannes: posti con poltroncine per culi di classe insomma, non sale scricchiolanti di pop-corn caduti a terra e piene di ragazzi che non vedono l’ora di un po’ di budella. Vediamole assieme senza doverci coprire gli occhi.

The Bad Batch: in un futuro distopico gli individui sgraditi alla società statunitense perché immigrati o criminali vengono emarginati oltre un muro al di là del Texas – riferimenti a persone o cose esistenti puramente casuali. La protagonista Samantha (l’attrice e modella Suki Waterhouse) finisce vittima di una tribù di reietti che si ciba di esseri umani e che le amputano un braccio e una gamba. Nonostante il brutto colpo Samantha riesce a fuggire prima di venire uccisa e intraprende un disperato viaggio alla volta di una città che dovrebbe essere la sua salvezza.
La regista Ana Lily Amirpour, nel 2015 già acclamata al Sundance Film Festival per il suo debutto A Girl Walks Home Alone at Night, con il suo secondo lungometraggio ha vinto il Premio Speciale della Giuria alla 73a mostra del cinema di Venezia. Dalla critica ha però ricevuto essenzialmente commenti distruttivi, soprattutto per una sceneggiatura inconsistente e per un’interpretazione graniticamente monoespressiva della Waterhouse, recitazione che sarebbe a mala pena risollevata da un cast composto anche da Keanu Reeves, Jason Momoa e Jim Carrey. Insomma, il lavoretto dell’Amirpour sembra un altro dei fattori, che è costato l’elezione di Trump.
L’arrivo della pellicola in Italia per quest’anno è previsto solo sulla piattaforma Netflix.

The Neon Demon: Jesse è una ragazza di appena sedici anni che da sola arriva a Los Angeles per tentare la carriera di modella. “Sono carina” minimizza con ingenuità all’inizio del film, ma ancora non si rende conto che la sua è una bellezza che rifulge con naturalezza al di sopra di tutte. Il successo si rivela così quantomai facile e improvviso, tanto da assurgere a musa di un ambito stilista e – sembrava una trama quasi sbarazzina, no? – da attirare su di sè la minaccia di un gruppo di modelle ossessionate dalla bellezza e pronte a tutto per avere un po’ di quella di Jesse.
Nicolas Winding Refn era stato consacrato dal Prix de la mise en scène per l’apprezzatissimo Drive al Festival di Cannes nel 2011, ma sempre a Cannes negli anni successivi ha assistito all’aumentare delle antipatie: nel 2013 con Solo Dio perdona ha deluso, ma l’anno scorso con The Neon Demon ha fatto incazzare. Alla sua proiezione il pubblico ha infatti risposto con fischi e urla per via delle scene di lesbismo, necrofilia e, appunto, cannibalismo. In Italia il film è stato distribuito nelle sale dall’8 giugno 2016 e ha incassato solo 100.000 euro, e così anche altrove il pubblico non ha reagito diversamente. Refn è il primo a non preoccuparsi di mantenere la reputazione guadagnata con Drive, anzi ne fa un vanto: “Chi si aspetta un film di facile visione che eviti pure il mio cinema. O con me o contro di me.” Un consiglio? Guardatelo. Dopo non potrete non scegliere da che parte stare.

Grave (internazionalmente conosciuto come Raw): Justine è una sedicenne da sempre vegetariana che ha appena iniziato a frequentare il college per diventare veterinaria. Particolarmente introversa, fatica a farsi degli amici e, anzi, è spesso vittima di atti di bullismo, durante uno dei quali viene costretta a mangiare della carne. Il temperamento della ragazza viene totalmente sconvolto dal questo primo assaggio e Justine comincia a soffrire di disturbi tali da renderla preda di voglie incontrollabili che la condurranno al cannibalismo.
Julia Ducournau è una giovane regista debuttante e già aspira ad ammirare il suo primo lungometraggio nell’aurea cornice della New French Extremity, assieme a titoli come Martyrs e Frontier(s), ambizione che sembra alla sua portata ancor prima del riscontro del pubblico: il primo trailer è stato pubblicato il 13 gennaio 2016 e la prima uscita risale al 10 marzo negli Stati Uniti, mentre il turno dell’Italia rimane tuttora ignoto. Grave ha vinto il FIPRESCI Prize al Festival di Cannes e soprattutto ha partecipato al Toronto Film Festival, dal quale sì è tornato a mani vuote, ma dove si è guadagnato un riconoscimento chiamato visibilità: durante la proiezione del film a causa delle scene più cruente diversi spettatori hanno riscontrato malesseri fino a svenire, e paramedici con tanto di ambulanza sono dovuti entrare in azione.

Insomma, ordinaria amministrazione per gli horror da Dracula, successo del 1931, per arrivare poi a Saw III, Hostel e The Green Inferno: il palato dello spettatore sarà anche più raffinato, ma lo stomaco rimane debole.



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