Stefano Benni, Pantera… e Aixi

Si scrive Aixi, disse l’aragosta, ma si pronuncia più o meno Aiji, come la ‘J’ di Jardin o del mio nome, Juliette.

Pantera di Benni, edito da Feltrinelli, si esibisce in un’immagine di copertina molto accattivante: una ragazza in total black che ci guarda attraverso la maschera di due lenti scure dalle quali si intravedono due intriganti occhi da gatta, o sarebbe meglio dire in questo caso, da pantera; in mano una stecca da biliardo e sulle labbra la tinta rossa di un lucido rossetto da femme fatale. Il disegno è di Luca Ralli, illustratore già collaboratore di Benni in altri progetti che vedono coinvolte parole e immagini.

Ma appunto il testo è composto da due brevi racconti, e dopo le enigmatiche vicende di Pantera, inaspettatamente prende vita tutta la leggerezza di una seconda storia intitolata Aixi, incentrata su una diversa esistenza femminile decisamente eccentrica.

Se nelle pagine dedicate a Pantera dominano le atmosfere notturne, buie, chiuse, nebbiose e fumose, a tratti soffocanti di una sala da biliardo sotterranea e cittadina, in quest’ultimo racconto il profumo salato del mare, la sensazione della salsedine sui capelli, l’azzurro e il bianco del cielo marino e l’odore tanto caratteristico del pesce che rende unici i paesi delle coste, paiono trapelare dalla carta, proprio come onde che crescono inarrestabili sotto la spinta di una mezza luna luminosa.

Il contrasto tra le due storie è magico ma ancora di più risulta essere incantata la maestria dell’autore nel creare, utilizzando pochissime ma indispensabili parole, atmosfere tanto particolareggiate quanto palpabili, vere, capaci di farci immergere con corpo e spirito nei raggi di luce delle lampade “impiccate” al soffitto sanguigno della sala da biliardo e nella dolcezza di un’alba marina, vissuta da una ragazzina in una capanna di pescatori sulla spiaggia.

Ed è qui, in questo luogo onirico e concreto allo stesso tempo, che prende forma il personaggio di Aixi. Viene messa in luce una sensibilità bambina in bilico tra due vite: quella dell’infanzia vissuta con il padre su barche da pesca nel mare e quella adulta lontano dal suo ambiente naturale verso cui altre figure che le girano intorno la vogliono spingere. Ma lei ha già intimamente scelto:

Sai chi mi piace, Aida? Chi sa sempre quale vento ha in faccia. Chi sa andare sott’acqua almeno venti metri in apnea e settanta metri con le bombole, e mi racconta del buio che c’è laggiù.

La forza, il coraggio, la ribellione di questa ragazzina dal nome tanto strano che sta a indicare la sua fisicità asciutta come un’alice, si concretizzano attraverso i gesti e le azioni che compie, in un modo tutto suo, con l’estrema delicatezza tipica dei “piccoli”. Ma la piccola Aixi è in realtà un grande spirito libero, una creatura marina che ha bisogno del suo spazio e del suo silenzio subacqueo e solitario. E allora, in mancanza di altri amici, sentiamo Aixi rivolgersi alle aragoste, al cane randagio che abita un po’ dove gli capita, ai gabbiani che si litigano il cibo sul litorale, ai pesci che sta pescando e con cui ha un rapporto speciale. Aixi rispetta gli abitanti marini anche nel momento in cui questi sono destinati a diventare il suo cibo – indice di una relazione con la natura dai tratti molto commoventi.

È andata così, il mare ha visto tutto e ricorda. Confidati al mare. Racconta a bocca chiusa come quando vai sotto in apnea.

L’esistenza di Aixi si può comprendere solo alla luce del profondo equilibrio tra natura e anima umana che la contraddistingue e la differenzia dalle altre esistenze. Aixi e il mare sono parti di uno stesso organismo in contatto diretto e continuo tra loro. Questo permette alla ragazzina di sentirsi meno sola, nonostante la sua vita lontana dal tempo e dallo spazio comuni. Per questo è grata alle forze ancestrali del mare. Eppure ogni breve paragrafo del testo è cosparso da un amaro disincanto, una malinconia di sottofondo che si percepisce tantissimo anche solo osservando gli evocativi disegni che accompagnano la storia attimo per attimo. Tratti neri, sottili, rigidi che raccontano quello che le parole non riescono a dire.

Poeticamente i personaggi si muovono nelle loro esistenze cartacee senza paura e con una grande voglia di essere davvero compresi.

E vede un riflesso come quando sei nel buio sott’acqua e stai tornando su, un fascio di luce che sembra dire: batti le pinne, piccola, chissà se troverai ancora il mondo o se è tutto scomparso per sempre.”

A cura di Federica Tosadori

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