La donna più odiata d’America.

La donna più odiata d’America, un film di Tommy O’Haver, racconta la storia dell’attivista atea Madalyn Murray O’Hair assassinata nel 1995.

La pellicola ripercorre l’inizio della battaglia intrapresa da questa donna, laureata in legge, che trovava “fuori luogo e retrograda” l’obbligatoria preghiera del mattino nelle scuole pubbliche americane.

Portato il caso davanti alla Corte Suprema ed appellandosi al primo emendamento (“Il Congresso non promulgherà leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione, o che ne proibiscano la libera professione; o che limitino la libertà di parola, o di stampa; o il diritto delle persone di riunirsi pacificamente in assemblea e di fare petizioni al governo per la riparazione dei torti”) con il caso Murray contro Curlett riuscì a cambiare la storia americana. Successivamente questa vittoria, a 23 anni, fondò l’associazione A.A. (American Atheists) che opera dal 1963 fino ad oggi.

Netflix con questa sua produzione porta alla luce parti di storia americani lasciati nell’ombra dei grandi miti e dei grandi sogni, ma negli anni Sessanta in Texas, dove ancora i bianchi e i neri avevano ristoranti separati, una donna ebbe il coraggio di esporre sé stessa e la sua famiglia in prima persona per una causa che riteneva fondamentale in un paese evoluto e libero.

Tommy O’Haver riesce a rendere bene anche quello che Madalyn Murray O’Hair, interpretata dalla brava Melissa Leo, era come donna: una madre dispotica, dura e ben poco permissiva per quanto riguardava le scelte personali altrui. Il suo primo figlio William Murray, che nella sua vita si battezzò e diventò anche un predicatore, parlando della madre dichiarò: “Mia madre era una persona cattiva… non per la rimozione della preghiera dalle scuole americane… no, era solo e semplicemente una persona cattiva. Ha guadagnato enormi somme di denaro. Ha abusato della fiducia della gente. Ha truffato i bambini. Ha evaso le imposte e perfino rubato dalla sua organizzazione. Una volta stampò certificati azionari falsi con sua macchina da stampa, per cercare di ottenere più di un’altra società editrice atea… A prescindere da quanto male ha fatto, a prescindere da quanto fosse senza legge, mia madre non meritava di morire nel modo in cui è morta”.

Se uno dei suoi figli, il preferito, riuscì a disprezzare la propria madre, i suoi collaboratori non furono da meno. Caustica, volgare, sboccata e scaltra fu ospite fisso ai talk show e grazie anche alle donazioni che la sua associazione riceveva, riuscì a mettere da parte, per lo più su conti esteri, una grossa somma di denaro. Visto il carattere della donna, suo figlio William, responsabile della contabilità della madre, si allontanò e per un periodo David Roland Waters, fu direttore dell’ufficio e suo confidente. Ex detenuto e presunto omicida, nel 1965, dopo una lite con la O’Hair ed il consecutivo licenziamento, insieme ad altri due uomini escogitò un piano per estorcerle il denaro che aveva rubato all’associazione. Insieme a lei sequestrò anche il figlio Jon e la nipote Robin.

I conoscenti della famiglia sollecitarono la polizia alle ricerche dei tre ma invano, dato che si erano inimicati l’intero paese e l’unico che avrebbe potuto sporgere denuncia per la scomparsa era il figlio William, che si rifiutava di riavere a che fare con la madre.

L’epilogo fu tragico. I corpi dei tre vennero rinvenuti in un ranch, seppelliti dopo essere stati smembrati da una sega. I rapitori furono catturati e processati.

Madalyn Murray O’Hair non era certo la migliore donna del mondo, né le interessava esserlo, ma non si può che concordare con le parole del figlio e ringraziare il regista Tommy O’Haver per questo pezzo di storia dei diritti dell’uomo riportata alla luce, soprattutto in tempi come quelli attuali, dove la religione e la libertà di culto sono tornati, non sono come temi attuali, ma soprattutto tempi spinosi, dove in nome della propria fede si commettono atti terroristici e dove in nome della democrazia si discrimina, lucra e specula su queste divergenze. La strumentalizzazione della religione, da entrambe le parti, è al limite del paradosso e dell’insensatezza. Forse questo lavoro ci può rendere più coscienti verso quello che dovrebbe essere un diritto fondamentale come la libertà di culto, ma è anche altrettanto vero che il lavoro e le buone intenzioni della O’Hair si persero per strada, davanti all’unico dio universalmente riconosciuto: dio quattrino.


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