Victoria e la guerra dei piani sequenza: meglio di Birdman?

Nel 2014 usciva Birdman nelle sale e colpì subito per il ritmo veloce che Iñárritu era riuscito a dare al film: la scelta di utilizzare un unico piano sequenza per raccontare la storia di Riggan Thomson confaceva perfettamente alla sceneggiatura.

Il successo fu così (giustamente) inevitabile, ma un anno dopo qualcun altro cercò di fare qualcosa di simile: Sebastian Schipper decise di girare il suo nuovo film tutto in un’unica sequenza, e così Birdman ebbe la sua risposta tedesca alla realizzazione del più grande sogno di Alfred Hitchcock. Usciva dunque Victoria.

Il film, girato interamente a Berlino il 27 aprile dalle 4 e mezza alle 6.45, segue letteralmente l’esperienza di una ragazza spagnola in una serata che sembra essere come tutte le altre. Prima in discoteca, poi fuori, Victoria sta tornando a casa dopo una notte brava per riposare e poi andare a lavorare. Presa la sua bici però, incontra quattro ragazzi, dei “veri berlinesi”, come si definiscono loro, con i quali fa conoscenza. Tra uno scambio divertito e il flirt, è soprattutto la curiosità per questi quattro carismatici individui che spinge Victoria a seguirli, per vivere la Berlino di notte.

Inizialmente dunque il film non sembra altro che un interessante testimonianza della vita notturna berlinese e della gioventù che la popola, e come Victoria lo spettatore segue incuriosito Sonne, Boxer, Blinker e Fuß. Lentamente però, l’esperienza di Victoria prende una piega diversa, determinata dal passato di Boxer, e con l’evoluzione e quasi la degenerazione dell’evoluzione, il film si evolve e con esso la protagonista.

Il più grande pregio di Victoria (il film) è infatti la capacità di evolversi internamente, passando da un genere all’altro, senza dimenticarsi però dei personaggi, che si evolvono con esso. In due ore e venti minuti passiamo dunque dal vedere un film romantico, ad uno drammatico, un crime e poi un thriller, e ad ognuno di questi generi i personaggi si adattano perfettamente. In particolare è Victoria che, come la creta, viene  plasmata dall’esperienza, trasformandosi da una ragazza straniera che cerca la sua strada nel mondo, ad una donna sicura, che sa prendere in mano la situazione anche nei momenti più disperati, senza via d’uscita.

La caratterizzazione e l’evoluzione psicologica dei personaggi, di cui siamo testimoni nel lungometraggio tedesco, non è una caratteristica da sottovalutare. Sebbene ogni film infatti per essere considerato un buon prodotto dovrebbe presentare se non entrambe, almeno la caratterizzazione dei personaggi, è a noi evidente come la maggior parte dei prodotti cinematografici non riescano – o a volte non vogliano- basarsi su sceneggiature solide, che portino sullo schermo personaggi credibili, seppur magari fantastici o fuori dall’ordinario. Victoria invece riesce a fare proprio questo ed è straordinario se si pensa che il montaggio è assente.

Il montaggio è infatti una dei principali mezzi con cui il regista può effettivamente caratterizzare un personaggio, sottolineandone le espressioni, le reazioni, i movimenti, e quando ci si priva di tale mezzo espressivo ci si potrebbe privare anche di questo. Ciò non avviene però in Victoria, che riesce abilmente a seguire i movimenti non solo fisici dei personaggi, ma anche psicologici, diventando credibile. È come se davvero stessimo seguendo, come ha fatto il cameraman Sturla Brandth Grøvlen, i protagonisti e la loro avventura, come se fossimo anche noi completamente immersi nel loro ambiente.

Lavoro simile ovviamente è stato fatto da Iñárritu nel già citato Birdman. La differenza principale però è che il piano sequenza del messicano è digitale, mentre quello del tedesco Schipper è un vero e proprio piano sequenza. Iñárritu infatti, non ha del tutto rinunciato al montaggio, ma l’ha utilizzato esclusivamente per raccordare alcune scene. Questo è evidente soprattutto nelle scene negli interni, i cui cambi di luce altrimenti non si potrebbero spiegare:  se si osserva attentamente infatti, in molte di esse ci sarà un’inquadratura utilizzata come raccordo. Inoltre, in alcune scene come quella che precede la prima dello spettacolo, quando un semi nudo Keaton rimane chiuso fuori dal teatro ed è costretto a camminare per un’affollata Times Square, era inevitabile applicare tale tecnica: la quantità di comparse avrebbe richiesto molto probabilmente più ore per essere girata, data la sua complessità, e dunque avrebbe fatto lievitare un budget già di per se abbastanza alto (tra i 16.5  e i 18 milioni di dollari).

Il lavoro di Iñárritu è in un qualche modo avvicinabile a ciò che aveva fatto Alfred Hitchcok in Nodo alla gola. Il lavoro di Schipper è invece, a livello tecnico, più vicino all’Arca Russa, in cui il piano sequenza è “genuino” ed affidato interamente alla bravura del cameraman. È però difficile dire che Victoria sia meglio di Birdman unicamente perché effettivamente privo di montaggio, anche perché altrimenti tutti i  film in piano sequenza (comunque pochi, data la difficoltà del metodo) sarebbero migliori di un film con un montaggio sapiente. Ed è il caso di rifuggire dall’idolatria a priori nei confronti del piano sequenza: un film è un insieme di più aspetti, e quello tecnico non per forza riesce a sopperire interamente agli altri.

Victoria però riesce ad unire l’aspetto tecnico a quello narrativo, li mescola e li utilizza per evidenziarne uno con l’altro. Come in Birdman, il piano sequenza sembra paradossalmente il mezzo espressivo intuitivamente migliore per la storia dei personaggi. Seppur dunque i film siano evidentemente diversi, ed entrambi meritevoli, forse Victoria merita qualcosa di più: essendo a livello narrativo quasi alla pari, è a questo punto il livello tecnico che crea il distacco. Con Victoria infatti Schipper e Sturla Brandth Grøvlen hanno creato un film la cui cinematografia è sublime, e senza “trucchi”, tanto che il secondo è stato premiato con l’Orso d’argento alla Berlinale del 2015.

A questo punto dunque è solo una la vera questione, forse la più interessante del cinema di questi anni: un piano sequenza digitale è alla pari di un vero piano sequenza? E dunque, il livello tecnico di Victoria è superiore a quello di Birdman?


FONTI

ilpost.it

 

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