“Fedra” di Seneca al Piccolo Teatro

Dal 14 al 26 febbraio 2017 è stata messa in scena presso il Teatro Grassi del Piccolo Teatro di Milano Fedra di Andrea De Rosa, tratto dalla Phaedra di Lucio Anneo Seneca.

Ippolito, il giovane figlio di Teseo e di un’amazzone, è disinteressato all’amore e si dedica interamente alla caccia, scatenando così l’ira di Venere, la quale vorrebbe che tutti la onorassero, dedicandosi all’arte amatoria. Non si tratta, però, della bellissima e seducente dea Afrodite, cui la statuaria greca ci ha abituato, anzi Venere appare come una donna vecchia, ingrigita, androgina, vestita con un comodo tailleur rosso acceso. La dea si vendica della castità del ragazzo facendo innamorare Fedra, la moglie di Teseo, proprio del povero Ippolito, mentre l’antico vincitore del Minotauro e del labirinto di Knosso è sceso negli inferi per rapire Persefone, la regina del regno dei morti.

Fedra è in preda di una vera e propria follia d’amore, cui cede dichiarandosi al figliastro. Ippolito la respinge, così Fedra si vendica raccontando a Teseo, ritornato dalla sua impresa negli Inferi vincitore, di essere stata violata dal figliastro. Teseo così si vendica a sua volta, facendo uccidere in modo orribile il proprio figlio, ma Fedra, attanagliata dal rimorso, si suicida dopo aver confessato al marito la verità.

Teseo vorrebbe scendere negli Inferi, questa volta per morire come ogni altro mortale, invece organizza i funerali del figlio. Lo spettacolo si chiude con un magistrale monologo di Venere circa la presenza di un dio in ciascuno di noi e l’inesistenza degli dei greci.

Sebbene la trama sia identica a quella della Phaedra di Seneca, il testo ha subito qualche variazione e sono presenti estratti dall’Ippolito di Euripide e dalle Lettere di Seneca. La traduzione dal latino ha prediletto uno stile agevole da seguire per lo spettatore e ha riportato fedelmente i lunghi affascinanti monologhi. Le scene impossibili da rappresentare sul palcoscenico, come l’uccisione di Ippolito, sono state affidate alla narrazione degli attori in scena, come in ogni altra tragedia di Seneca. Tali opere teatrali erano destinate alla lettura anziché alla recitazione a causa della decadenza del teatro in quel periodo e, anche per questo, le scene troppo crude erano affidate all’enunciazione a voce anziché alla rappresentazione sul palco.

Le opere di Seneca sono le uniche tragedie latine pervenute sino ai nostri giorni in maniera non frammentaria, pertanto sono di straordinaria importanza per lo studio del teatro latino e, in generale, della propria letteratura.

Sono ancora aperti diversi dubbi su quali tragedie abbiano ispirato l’opera: secondo alcuni il modello principale è l’Ippolito coronato di Euripide e la sua prima versione, Ippolito velato; altri invece sostengono che Seneca si sia ispirato alla perduta Fedra di Sofocle.

La scenografia prevede la presenza di un secondo palcoscenico al centro del palco, un claustrofobico cubo dalle pareti di vetro all’interno del quale avvengono le scene più importanti, separando o congiungendo tra loro i vari personaggi. I cinque attori che interpretano gli unici personaggi – Fedra, Ippolito, Teseo, Venere, una serva – sono sempre in scena e, quando non sono chiamati a recitare, si aggirano silenziosamente sul palco o siedono su alcune sedie poste sul fondo del palcoscenico. Teseo e Ippolito, quando sono in viaggio rispettivamente per sfidare il regno degli Inferi o per scampare alla morte, si nascondono dietro due maschere neutre sul lato destro del palco, respirando affannosamente. La dea Venere apre lo spettacolo parlando sul lato sinistro del palco, ove si trovano uno scranno e diversi microfoni.

Un ruolo importante è rivestito dalla rumoristica, infatti le varie scene sono continuamente accompagnate da suoni sinistri. Le voci degli attori sono sapientemente distorte, soprattutto per creare degli echi suggestivi e drammatici.

Lo spettacolo è stato un successo: gli attori hanno saputo coinvolgere il pubblico e hanno interpretato le rispettive parti con maestria, l’unione tra l’intramontabile fascino delle tragedie classiche e la spettacolarità della tecnologia odierna è un valido esempio di quanto il teatro possa essere magico. Il pubblico è composto sia da adolescenti, soprattutto scolaresche che hanno affrontato lo studio delle tragedie latine tra i banchi di scuola, che da giovani e anziani: un gruppo eterogeneo ma ugualmente appassionato della genialità di Seneca.


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