Il Carnevale nell’arte

Fra le tante festività dell’anno un ruolo di rilievo ha sicuramente il Carnevale. Festeggiato nei paesi di tradizione cattolica, ha in realtà origini antichissime legate alle dionisiache greche. Mantenendo quel personale carattere popolare, è arrivato fino ai giorni nostri come un momento di svago e divertimento puro, amato da bambini e adulti, un giorno speciale in cui è possibile mascherarsi assumendo un’identità nuova e stravagante.

Il Carnevale di Arlecchino, Joan Mirò, 1925

Anche in pittura la festa ha avuto un ruolo speciale. Molti artisti hanno catturato nelle loro opere l’atmosfera giocosa dell’evento. Fra queste una delle più celebri è certamente la Lotta tra Carnevale e Quaresima di Pieter Bruegel il Vecchio del 1559. La tela rappresenta un combattimento simbolico tra le due festività che danno origine al titolo dell’opera. Il Carnevale è rappresentato come un uomo grasso che cavalca un grosso barile circondato da pietanze gustose; il suo speciale destriero è spinto da due uomini in maschera.

Martedì Grasso, Cézanne, 1888

Proprio le maschere sono l’emblema principe del Carnevale, in particolare quelle della commedia dell’arte, entrate nell’immaginario popolare come il simbolo di Venezia stessa, soprattutto grazie all’indiscussa genialità della drammaturgia di Carlo Goldoni. Proprio le maschere sono il soggetto preferito dai pittori. In particolare Arlecchino, la maschera popolare per eccellenza, viene rappresentato in numerosi quadri. Il simpatico e sfortunato “Servitore di due padroni”, sempre affamato e senza soldi, diviene il paladino del carnevale.

Fra i primi a sceglierlo come protagonista delle proprie opere d’arte vi è il francese Edgar Degas che s’interessa al tema in seguito alla messa in scena di un balletto incentrato sulle avventure del nostro protagonista. Come si vede in Arlecchino e Colombina, un disegno realizzato tra il 1886 e il 1890, lo zanni bergamasco è affiancato da una ballerina vestita di azzurro.

Arlecchino e Colombina, Degas, 1886

La medesima tematica è scelta da un altro pittore francese contemporaneo al precedente: Paul Cézanne. In Martedì grasso del 1888 appaiono in un bel gioco di contrapposizione di colori e forme Arlecchino e Pierrot.

In Spagna è il cubista Juan Gris a rappresentare Arlecchino con chitarra nel 1919. Nonostante la scomposizione caratteristica dell’avanguardia storica, il personaggio è riconoscibile grazie all’immancabile cappello e al costume a toppe colorate, reso dalle linee a zig-zag.

Acrobata e Arlecchino, Picasso, 1905

Dal cubismo si passa poi alla tecnica surrealista dell’automatismo psichico con Joan Mirò che nel 1925, ispirandosi alla festa, realizza una delle sue opere più celebri in assoluto: Il Carnevale di Arlecchino.

Un discordo a parte merita poi la produzione di Pablo Picasso, pittore che subì una fascinazione particolare e duratura per la figura di Arlecchino. Già dal cosiddetto periodo rosa l’artista spagnolo riproduce il soggetto in diversi disegni, ma non lo abbandona nel seguente periodo blu e nemmeno all’approdo dell’arte cubista facendo del personaggio un leitmotiv della sua carriera.

Il Carnevale dunque è riuscito, nonostante la sua aria scherzosa e fanciullesca, a entrare nel cuore di molti pittori guadagnandosi così il titolo di opera d’arte.


FONTI

Studio dell’autrice

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