La Terra non ha più lacrime

di Francesca Gentile

Uno specchio d’acqua, limpido e cristallino, è in grado di trasmettere un grande senso di quiete in chi l’osserva. È però sufficiente una minuscola goccia di pioggia per alterare questo apparente equilibrio e mostrare quella che sembrava una lastra perfettamente levigata in tutta la sua perturbabilità. Le increspature si diffondono a macchia d’olio e fanno emergere in superficie la vera natura dell’acqua, uno dei temi più sfaccettati della storia.

Culla della nascita, ma anche potente strumento di distruzione nelle mani della natura, l’ambivalenza del tema è un fiume senza argini. Ciò che è certo è che si tratta di una risorsa indispensabile per la nostra sopravvivenza e, in quanto tale, l’accesso all’acqua potabile e sicura dovrebbe essere un diritto essenziale per ogni persona.

La triste costatazione del condizionale muove il monito di Papa Francesco, intervenuto al seminario sul “Diritto umano all’acqua” tenutosi lo scorso 24 febbraio nella Casina Pio IV del Vaticano. Il Pontefice ha posto l’accento sulle cifre pubblicate dell’ONU, che parla di decine di Paesi del mondo che negano questo diritto e di mille bambini che muoiono ogni giorno a causa di malattie collegate al consumo di acqua contaminata. Da qui l’appello a mettere da parte l’indifferenza, perché urge un’inversione di tendenza.

«Mi domando se non stiamo andando verso una gran guerra mondiale per l’acqua»: sono queste le parole più amare pronunciate da Papa Bergoglio.

Nonostante la superficie terrestre sia coperta per più del 70% da riserve idriche, solo il 2,5% di queste è costituito da acque dolci, disponibili cioè per uso potabile. Sebbene il dato possa sembrare allarmante, in realtà la quantità d’acqua dolce disponibile è sufficiente per l’attuale popolazione mondiale. O almeno dovrebbe esserlo.

Solo dal 1950 al 1955, la quantità di acqua dolce pro capite disponibile è scesa da 17.000 a 7.500 m3. Fino a una decina di anni fa non si parlava di crisi idrica, oggi invece l’acqua è l’oro blu del XXI secolo.

Da additare come causa geografica della penuria dell’acqua è la sua cattiva distribuzione. Basti pensare che solo 10 Paesi del mondo si dividono il 60% dell’acqua complessiva, mentre ben 26 si aggiudicano attualmente lo status di “Paesi con scarse risorse idriche”. Se poi aggiungiamo che ognuno di noi ne utilizza una quantità sempre crescente (il doppio rispetto agli inizi del ‘900), che negli ultimi 50 anni la sua disponibilità è diminuita significativamente in Asia e Africa e che sono aumentati anche i suoi consumi per uso produttivo, è normale che la rarità e il valore crescente dell’acqua sia al centro degli interessi geopolitici mondiali.

Il controllo dei bacini idrografici sta alla base di silenziosi conflitti che punteggiano il globo, minando l’equilibrio degli Stati coinvolti e dando origine alle cosiddette guerre dell’acqua.

In Africa la contesa riguarda principalmente il fiume Nilo, che bagna 10 Paesi nelle sue due ramificazioni di Nilo Bianco e Nilo Azzurro. La rivendicazione delle sue acque è da sempre motivo di permanente tensione tra Egitto, Etiopia e Sudan, che non sono che i principali contendenti. Ancora oggi non si è riusciti a trovare una soluzione definitiva per la gestione del bacino del grande fiume. Con il suo peso demografico e militare, l’Egitto è la nazione che più condiziona i precari equilibri di questo scenario. A spartire le acque del Nilo, seppur non equamente, è ancora oggi un trattato coloniale stipulato dalla Gran Bretagna nel 1929 e poi aggiornato nel 1959, che assegna il 55% delle acque all’Egitto e il 22% al Sudan, oltre al diritto di veto egiziano su qualunque costruzione che possa modificare la portata del fiume. Accordi, questi, che l’Etiopia non ha mai firmato né smesso di contestare. A far divampare nuovamente le ostilità negli ultimi anni è stato l’annuncio etiope di voler intervenire con una gigantesca diga, la Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD), che sarà costruita da un’impresa italiana. Nonostante la netta opposizione di Egitto e Sudan al progetto, il mastodontico sbarramento è attualmente in costruzione dal 2011, a patto che non comprometta l’accesso all’acqua del fiume per i Paesi a valle.

Un altro luogo di bollenti contese e rivendicazioni è senza dubbio il Medio Oriente, patria del Giordano. Benché solo il 3% del bacino del bacino del fiume si trovi sul suo territorio, Israele ne sfrutta il 60% a discapito dei suoi vicini libanesi, siriani, giordani e palestinesi. Oggi la situazione è questa, anche a causa del gioco sporco dello stato israeliano che con le numerose deviazioni del corso del fiume architettate nel tempo è riuscito ad assicurarsi la prelazione sulle sue acque. Alla fine degli anni ’50, la Giordania aveva progettato una serie di dighe da costruire sugli affluenti del fiume sacro e incominciò a edificarne una sul fiume Yarmuk, uno dei principali. Nel 1964 Israele bombardò il progetto ancora in costruzione, in quella che si rivelò a tutti gli effetti l’apertura del conflitto arabo-israeliano per l’acqua. Nella Guerra dei sei giorni, quando occupò le alture siriane del Gola, Israele si aggiudicò il controllo su quasi tutto il bacino del Giordano superiore. Oggi, l’accesso limitato della Giordania alle risorse idriche ne fa il Paese con il più basso consumo di acqua pro capite di questa parte del Medio Oriente, non paragonabile nemmeno a un terzo di quello di Israele. Un’altra questione irrisolta riguarda i pozzi sotterranei della Cisgiordania. Se ai palestinesi non è permesso scavare pozzi che superino i 140 metri di profondità, quelli israeliani possono arrivare fino a 800 metri. Il risultato è che le popolazioni palestinesi hanno accesso solo al 2% delle risorse idriche della regione.

Da non dimenticare è il focolaio acceso in Anatolia, dove Turchia, Iraq e Siria si contendono il controllo del prezioso liquido. Il pomo della discordia è rappresentato dal Tigri e dall’Eufrate, fiumi che hanno plasmato la storia della celeberrima Mezzaluna fertile.  La diga di Atatürk, la più grande in Turchia e la sesta nel mondo, insieme ad altre 21 dighe turche rischia di ridurre di 1/3 il flusso delle acque in Siria, che sta sviluppando progetti sull’Eufrate per la protezione dalle inondazioni, la produzione di elettricità, l’irrigazione, la disponibilità di acqua potabile e per uso industriale. Le dinamiche potrebbero danneggiare gli interessi iracheni, salvaguardati dall’accordo del 1987 con la Turchia, in cui quest’ultima si impegna a garantire un afflusso medio di 500 m3/sec alla Siria che, a sua volta, deve trasferirne il 58% all’Iraq.

Sono queste le regioni dove nella primavera del 2014 è cominciata l’offensiva dello Stato islamico: non a caso tra i primi obiettivi delle milizie islamiste c’erano alcune dighe, come quella di Nuaimiyah sull’Eufrate e quella di Samarra sul Tigri. Nell’agosto 2014 ha preso la diga di Mosul, fonte d’acqua vitale per l’omonima città e dotata di un impianto idroelettrico in grado di garantire al Kurdistan iracheno costanti rifornimenti di energia. La presa di Mosul è stato il picco dell’espansione dello Stato islamico. Controllare fiumi e dighe significa infatti avere tra le mani un’arma estremamente tagliente.

 

Laos, Cambogia, Thailandia, Vietnam, Kazakhstan, Kyrgyzstan, Uzbekistan, India, Bangladesh, Pakistan: gli idroconflitti ad oggi certificati coinvolgono ben 343 Paesi del mondo.

«Il nostro diritto all’acqua è anche un dovere con l’acqua. Dal diritto che abbiamo ad essa deriva un obbligo che gli è collegato e non si può separare. È imprescindibile annunciare questo diritto umano essenziale e difenderlo, ma anche agire in modo concreto, assicurando un impegno politico e giuridico con l’acqua», l’appello del Papa. Occorre dunque un ripasso delle risoluzioni approvate dalle Nazioni Unite nel 2010, anno in cui l’acqua è stata riconosciuta come diritto umano universale.

 

Fonti: foto1 foto2 foto3

http://www.lastampa.it/2017/02/24/vaticaninsider/ita/vaticano/papa-rischiamo-una-grande-guerra-mondiale-per-lacqua-LIF0WazYcrCYIAMGNnaMdJ/pagina.html

http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/acqua/2017/02/24/papa-andiamo-verso-terza-guerra-mondiale-per-lacqua_3754f9f3-0e30-48d2-80d0-53e293489ebf.html

http://www.treccani.it/scuola/tesine/acqua_come_risorsa/2.html

http://www.lookoutnews.it/acqua-guerra-medio-oriente-africa-asia/

http://www.coldiretti.it/organismi/ecclesiastici/oro_blu/relazione_dr_rosario_lembo.html

http://www.lindro.it/africa-le-guerre-lacqua/

http://eastwest.eu/it/opinioni/sub-saharan-monitor/grand-ethiopian-renaissance-dam-la-diga-della-discordia-tra-etiopia-egitto-e-sudan

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