Svezia, Bowling Green e le folle: la (post)realtà di Trump

di Claudia Galeano

Post verità:

s. f. Argomentazione, caratterizzata da un forte appello all’emotività, che basandosi su credenze diffuse e non su fatti verificati tende a essere accettata come veritiera, influenzando l’opinione pubblica

Questa è, secondo l’enciclopedia Treccani, la definizione di un termine attestato per la prima volta in un articolo del drammaturgo serbo-americano Steve Tesich, in un articolo del 1992 apparso su Nation. Secondo l’Oxfrord Dictionary è questa la “parola dell’anno”; il modo migliore per descrivere il metodo comunicativo di molti, se non tutti, i politici, anche se l’attualità l’ha spinta al parossismo.
Donald Trump è ormai vistosamente un personaggio controverso, ma è uno degli oggetti di studio più interessanti negli ultimi anni per chi si occupi di comunicazione e di capacità di persuasione fin dal giorno della sua elezione. A Presidente appena eletto, il suo portavoce esordisce così davanti ai giornalisti:

Nessuno ha i numeri, ma questa è stata la più ampia partecipazione a una cerimonia di inaugurazione presidenziale, punto.

Si tratta di un fulgido esempio di post verità: se nessuno ha i numeri, un dato non può essere credibile. Inoltre, chiudere la frase con “punto”, presuppone un rifiuto di qualsiasi contraddittorio. Un metodo che sconcerta la platea degli addetti ai lavori, ai quali inoltre basta un rapido fact-checking delle fotografie per smentire la millantata partecipazione oceanica. Non resta loro che domandare perché il portavoce presidenziale abbia mentito in modo tanto smaccato.
La Councelor to the President Kellyanne Conway si incarica di rispondere alle polemiche e asserisce, serafica: “Non ha mentito. Esistono

Trump e Kellyanne Cornway
Trump e Kellyanne Cornway

 

Fatti alternativi di cui il neopresidente ha dato numerose dimostrazioni: Il primo lo confeziona proprio la Conway in un’intervista alla MSBNC (canale di news televisive statunitense, ndr). In difesa del muslim ban riporta la vicenda di due Iraqeni, che avrebbero compiuto “Il massacro di Bowling Green” di cui, accusa, i giornali non hanno parlato. Ci si è quindi recati in queste due cittadine, piccole località in Kentucky e Ohio. Niente del genere era mai accaduto.
Ma Trump insiste molto sul tema della sicurezza. Solo alcuni giorni fa ,a Melbourne in Florida, durante un comizio ha rincarato la dose , enumerando gli attacchi di Nizza e Parigi e aggiungendo:

Guardate cos’è successo in Svezia ieri sera… Chi poteva immaginarlo? Stanno avendo problemi che non avrebbero mai pensato di avere.

Naturalmente la portavoce del Ministro degli Esteri svedese ha chiesto chiarezza rispetto ad un attacco di cui, sul proprio suolo, non avevano notizia.
Al di là della probabile confusione di Trump fra “Sweden” e “Sehwan”, in Pakistan – dove si è verificato effettivamente un attacco kamikaze –  che ha scatenato le ironie degli avversari, è anche l’aspetto comunicativo ad essere interessante.
A notarlo è stato non un politico, ma un umorista, Trevor Noah. Il comico sudafricano, nel corso del suo “Daily show” televisivo, dopo la prima settimana della neo-presidenza,  ha affermato che è ormai inutile parlare di post verità.

Il potere di Trump ci spingerà a condividere solo quella realtà, in cui le percezioni del singolo dominano e a costruire la realtà sono gli accenti empatici, preoccupati e assertivi del Presidente. E non è importante quante persone ci fossero a Washington, chi sia stato ucciso e chi no (o dove); la verifica è inessenziale e persino irritante. È l’io dell’uomo di potere a dirci chi siamo.
L’intenzione di Trump non è solo fare leva sull’emotività, ma costruire “Una sua personale e folle realtà”. È in essa, sintetizza Noah, che ci troviamo a vivere.

Fonti: Treccani, Oxford Dictionary Bowling Green, Svezia, Trevor Noah. Corso “Poetica e retorica”, Università degli Studi di Milano, a.a 2016/2017 prof.ssa. C. Cappelletto, foto copertina, foto interna

 



      

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