Cristianesimo e divorzio: una relazione complicata

L’idea comune è che il divorzio sia una grande conquista del XX secolo. Il che è vero. Tuttavia quando si pensa al matrimonio prima della suddetta conquista, si pensa a un connubio indissolubile, annullabile unicamente con la morte di uno dei coniugi. Il che non è vero.
In questi ultimi mesi è in atto una divisione interna alla Chiesa, sull’intenzione di papa Francesco di concedere ai divorziati il sacramento della comunione. Per alcuni rappresenta un passo importante verso un’apertura che il giorno d’oggi è diventata necessaria, per altri è un atto inammissibile e contrario ai principi della religione stessa.

In realtà nel mondo cristiano l’indissolubilità del matrimonio non è sempre stato un dogma, anzi. Paradossalmente fu durante l’alto medioevo, periodo noto per la severità delle leggi, che la questione fu dibattuta più ampiamente. Il motivo principale di questa discussione interna alle gerarchie ecclesiastiche era di natura etnico-culturale. Infatti presso i popoli nordici, che intorno al VI secolo invasero l’Europa occidentale, il divorzio era molto diffuso. Lo era anche presso la cultura romana, ma mentre in quest’ultima le istituzioni civili avevano costantemente combattuto “la corruttela dei costumi”, i barbari non avevano mai provato a contrastare il fenomeno sociale.

Nonostante la religione cristiana penetrò anche in nord Europa, dove nei secoli precedenti si era praticato il politeismo, gli abitanti dei paesi settentrionali continuarono a rigettare l’idea dell’indissolubilità del rapporto coniugale, che secondo le loro tradizioni poteva essere annullato in due modi: in modo consensuale o attraverso il ripudio dell’uomo verso la moglie. In particolare i germani potevano rompere il vincolo esternando tramite lettera o anche oralmente in presenza di testimoni, la reciproca volontà di lasciarsi. Un comportamento che rapportato all’epoca potrebbe essere considerato ultra moderno.
Le autorità ecclesiastiche spesso tolleravano queste pratiche, che nelle zone più remote del mondo allora conosciuto erano perfettamente normali. Il caso di Carlo Magno rappresenta bene la prassi del periodo, poiché il re dei franchi, difensore della cristianità e grande amico del papato, ebbe ben cinque mogli.

Così la Chiesa dovette lavorare sodo, attraverso i concili di Toledo (681), di Costantinopoli (692), del Friuli (796) e di Parigi (829), per vietare se non altro lo scioglimento del matrimonio quoad vinculum.

Con il passare dei secoli il divorzio divenne sempre meno diffuso, ma soltanto con il concilio di Trento del 1563 ci fu la definitiva formulazione del matrimonio quale rapporto inscindibile. Da quella data in poi la Chiesa ammette il divorzio solo in caso di matrimonio rato e non consumato, o qualora uno dei due coniugi decida di ritirarsi a vita religiosa.
Alla luce delle posizioni quantomeno tolleranti della Chiesa alto medioevale, quello di papa Francesco si può considerare, più che un passo in avanti, un ritorno alle origini.


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