Libertà di stampa: l’Italia al 77esimo posto!

La libertà di pensiero è un diritto universale riconosciuto in tutti gli ordinamenti democratici. In Italia, tale diritto è salvaguardato fin dal 1948 dall’articolo 21 della nostra Costituzione che al comma 1 recita:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

Eppure, c’è da chiedersi come mai, nonostante questo, il nostro Paese sia al 77esimo posto nella classifica, World Press Freedom Index, stilata da Reporter senza frontiere (Reporters Without Borders) che ordina i Paesi del mondo sulla base della tutela della libertà di stampa. Rispetto ai dati del 2015 dove l’Italia si trovava al 73esimo posto, nel 2016 il Nostro Paese ha perso ben quattro posizioni, finendo confinato a un posto che non gli rende certamente onore.

Brutte notizie per l’Italia, addirittura dietro paesi come Tonga, Burkina Faso e Botswana. Una situazione certamente preoccupante e non solo per lo slittamento in basso rispetto al 2015, ma soprattutto perché mette in evidenza una grave lacerazione. Scorrendo la classifica si osserva anche che l’Italia rappresenta l’ultima ruota del carro dei paesi europei, seguita da Cipro, Grecia e Bulgaria.

Eppure il nostro Paese è l’area europea in cui c’è maggiore tutela dei giornalisti. Quali sono allora i motivi che hanno spinto l’Italia al 77 esimo posto su un totale di 180 paesi?
Pressioni, minacce e violenze subite dai giornalisti e dagli operatori nel settore dell’informazione, specie di coloro che si trovano a trattare argomenti scottanti, dal caso mafia al caso Vatileaks. Si legge, infatti: “tra i 30 e i 50 giornalisti sono sotto protezione della polizia perché sono stati minacciati” e addirittura si aggiunge che in Vaticano sia lo stesso sistema giudiziario che attacca i media, al punto tale che due giornalisti rischiano otto anni di carcere per aver avuto il coraggio di svelare gli altarini della Santa Sede. Anche qui, se si vuole, si potrebbe porre un’obiezione dal momento che lo Stato del Vaticano è dal punto di vista giuridico indipendente rispetto allo Stato Italiano. Pertanto, come è stato notato anche dalle testate giornalistiche nazionali, il riferimento al caso Nuzzi-Fittipaldi appare inappropriato. Un errore grossolano da parte di RWB, che sembra dimenticare che lo Stato del Vaticano è legato all’Italia solo territorialmente.

A questo punto c’è da chiedersi quali parametri siano usati per stilare questa classifica e qual è il reale livello di attendibilità.
La metodologia utilizzata da Reporter Senza Frontiere tiene conto di criteri qualitativi e quantitativi. I primi sono stilati sulla base di un questionario che viene distribuito ad associazioni, gruppi e singoli giornalisti scelti a discrezione dall’organizzazione. Nel questionario, le parti chiamate in causa devono assegnare un punto da 1 a 10 su una serie di domande, raggruppate in maniera tematica e riguardanti: pluralismo, indipendenza dei media, contesto e autocensura, legislatura, trasparenza e infrastrutture.
I secondi parametri, quelli quantitativi, vengono elaborati tenendo conto del numero di giornalisti perseguitati, minacciati, licenziati o arrestati in seguito alle loro attività di informazione. Naturalmente, come è ovvio che sia, i dati vengono soppesati in maniera diversa. In realtà, si tratta di un sistema complesso che, poiché si basa su opinioni e considerazioni soggettive, è stato nel corso degli anni (dal 2002 fino a oggi) oggetto di critiche e dubbi sul livello di attendibilità del rapporto stilato annualmente dall’organizzazione francese.

Una metodologia che forse dovrebbe essere rivisitata dal momento che spesso porta a risultati difficilmente spiegabili. Basti pensare al fatto che il nostro Paese si trovi dietro Paesi che molto lontanamente possono essere definiti democratici!
Potremmo anche stare qui a esaminare una a una le ragioni del perché altri paesi come il Burkina Faso si trovino più in alto in classifica o potremmo anche continuare ad arrovellarci sul meccanismo che si cela dietro il rapporto di Reporter Senza Frontiere. Ma forse, dovremmo cominciare a guardarci intorno e se siamo il Paese occidentale meno libero dal punto di vista della tutela della stampa, un motivo c’è.
Forse non possiamo pensare di scalare i vertici di questa classifica, se la maggior parte di coloro che operano nel settore dell’informazione sono sottopagati e spogliati dei loro diritti. Per non parlare di chi, nonostante la professionalità del proprio lavoro si trovi a essere considerato un semplice freelance. Un sistema che, a ben vedere, fa acqua da tutti i buchi e un po’ di autocritica non guasterebbe!
Eppure, secondo un’inchiesta dello stesso Reporter Senza Frontiere, tra i cosiddetti 100 eroi dell’informazione, due sono italiani. Si tratta di Lirio Abbate e Giuseppe Maniaci, molto diversi tra loro ma entrambi impegnati in un lavoro di grande inchiesta giornalistica contro la mafia. Un dato che al di là di tutto non può che renderci orgogliosi.


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