La teoria dei sei gradi di separazione

Alla fine degli anni ’60, una nuova teoria rivoluziona il mondo della sociologia: è la teoria dei sei gradi di separazione.

La teoria

Per “grado di separazione” s’intende l’unità che indica il numero di passaggi minimi che in media servono per raggiungere un nodo qualunque di una rete –sociale o informatica- partendo da qualunque altro nodo. Questa osservazione è stata utilizzata, tra gli altri, dal sociologo Stanley Milgram negli anni ’60 per formulare la teoria del piccolo mondo, secondo la quale ogni persona è legata a qualunque altra attraverso una catena di amicizie o conoscenze dirette di circa 6 intermediari, indipendentemente dalla situazione economica.

Il sociologo, per provare la provare la propria teoria, condusse un esperimento scegliendo dei volontari per consegnare un pacco ad una persona sapendo solo nome, professione e zona di abitazione, ma non l’indirizzo. I volontari non potevano utilizzare il servizio postale, ma solo consegnarlo ad un conoscente che ritenevano potesse raggiungere il destinatario finale, e il conoscente avrebbe dovuto fare lo stesso. Quando i pacchi giunsero a destinazione, in media essi erano passati tra le mani di 6 persone.

Gli anni recenti

Pur non essendo stata dimostrata matematicamente, la dicitura “sei gradi di separazione” è entrata velocemente nell’immaginario collettivo. Negli ultimi anni soprattutto si è cercato di ricondurre l’esperimento di Milgram a una definizione matematica ripetendo l’esperimento su larga scala attraverso la posta elettronica nel 2001 da Duncan Watts. Nel 2006 è stata la volta della Microsoft attraverso le conversazioni di MSN Messanger e nel 2011 l’Università degli Studi di Milano ha calcolato i gradi di separazione tra gli utenti di Facebook, abbassando il numero medio da 6 a 3,74, anche se sono legami che non corrispondono necessariamente ad un rapporto reale.

Negli ultimissimi anni, l’ungherese Albert-Làszlò Barabàsi, creando un modello simulato del web per comprenderne meglio la struttura interna, capì che la maggior parte di queste pagine non hanno collegamenti ad altre, ma che esistono poche e grandi pagine –come i social network e i motori di ricerca- che fungono da snodi e collegamenti tra le altre. Esse permettono all’utente di passare da una pagina all’altra tanto velocemente che Barabàsi stima sia possibile passare tra due siti qualunque con una media di 19 click, anche se esistono più di 14 miliardi di pagine. È un numero decisamente più alto rispetto a quello della teoria del piccolo mondo, ma secondo i calcoli del ricercatore è un numero che dovrebbe rimanere stabile anche se la mole dei documenti virtuali dovesse crescere.

 

Questa ricerca non soltanto sottolinea l’importanza di salvaguardare le pagine-snodo da eventuali attacchi di hackers, ma spiega anche perché ci capiti con tanta frequenza di saltabeccare da un sito all’altro fino a scoprire cose del tutto diverse da quelle che stavamo cercando.

 

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