Le Crociate: “Dio lo vuole”?

“Dio lo vuole” è la frase che spesso si associa ad uno degli eventi apparentemente più guidati dalla religione in tutta la storia: le Crociate. Sebbene il suo nome tradisca una natura in qualche modo dottrinale legata alla religione cristiana di cui si proponeva di liberare i luoghi sacri, ben diverse tra loro furono motivazioni e comportamenti dei liberatori del Santo Sepolcro.

Una nuova prospettiva

A dicembre l’emittente televisiva araba «Al Jazeera» ha iniziato una serie in quattro puntate sulle Crociate da una “prospettiva araba”. Innegabile che un tale slogan possa lasciare un po’ scettici gli spettatori di matrice cattolica: non erano forse gli arabi ad aver causato le Crociate con la loro conquista del Santo Sepolcro?

Come spesso accade nei grandi eventi storici, la semplificazione è un comodo espediente. Innanzitutto, i musulmani non conquistarono Gerusalemme nell’XI secolo ma “solo” nell’anno 15 dell’era musulmana, cioè il 637. Se si calcola che la prima Crociata fu indetta da Urbano II a Clermont il 27 novembre 1095, con ogni probabilità bisogna rivedere la stereotipata visione dell’origine delle Crociate.

Società a confronto

La società musulmana di XI secolo era una società molto fiorente in termini economici, scientifici e culturali. Sebbene si estendesse dall’Iran alla Spagna, dietro questa luminosa facciata si nascondeva una realtà di profonda divisione e conflitto politico. I Turchi Selgiuchidi, divenuti protettori dei califfi (sunniti) Abbasidi di Baghdad, erano infatti in perenne lotta con i califfi (shi’iti) Fatimidi d’Egitto.

Dentro la moschea Umyyade a Damasco

La realtà europea era invece fatta di continue lotte intestine tra gli stati, spesso tra baroni e nobili affamati di potere, sotto di cui stava una larga maggioranza di popolazione analfabeta e vincolata a loro dagli obblighi feudali. La Chiesa stessa stentava a controllare gli eccessi di violenza gratuita anche in occasione delle festività, anche con il divieto di ostilità in periodi di feste e fiere, le cosiddette “tregue di Dio”. Papa Urbano II raccolse l’appello della Chiesa d’Oriente per liberare il luoghi sacri dalla presenza musulmana al fine di coagulare intorno a questa causa la litigiosa nobiltà di tutta Europa e portare il suo potere distruttivo altrove, meglio ancora in terre dove c’erano ricchezze che in Europa scarseggiavano.

“Servire Dio e mammona”

Il Medio Oriente era in grado di offrire una quantità di ricchezze quasi proverbiale, da “Mille e una notte” che interessavano molti nobili europei. Ad attrarli era anche la possibilità di stabilire un proprio dominio personale nell’area, come dimostra il caso della presa di Edessa (1098) da parte di Baldovino di Boulogne. Il nobile franco, nel tentativo di costruirsi un dominio personale in Oriente, appoggiò una rivolta contro il capo città per ucciderlo e instaurare il suo personale feudo. Un esempio di come il “non si può servire Dio e mammona” (il denaro) valesse fino ad un certo punto per i guerrieri di Cristo.

Ideali cristiani?

Il comportamento dei crociati ha rappresentato la più evidente contraddizione pratica degli apparenti ideali cristiani di fondo. Basti pensare alla liberazione di Gerusalemme, momento clou dell’impresa, il 15 luglio 1099. Dopo la caduta della città i crociati si abbandonarono ad una efferata strage di musulmani ed ebrei. Si parla di dieci giorni di continua devastazione della città per un totale tra le 70 000 e le 100 000 vittime secondo le fonti musulmane. Molti meno invece, 10 000 i morti secondo i cristiani. Nel caso della Quarta Crociata (1204), le truppe cristiane anziché spingersi fino a Gerusalemme, si diedero al saccheggio di Costantinopoli (nell’immagine sopra).  Ma è veramente possibile far rientrare  atti simili sotto il motto “Dio lo vuole”? Le Crociate sono davvero il manifesto di uno scontro tra civiltà per dirla alla Huntington o sono gli ennesimi casi di guerre dove la religione è servita come pretesto?

 

 

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