“Californication”, tra cliché e trasgressioni

Alcool, sesso, droghe, carisma e sfacciataggine; tutto ciò che i ben pensanti vorrebbero venisse censurato la serie tv Californication lo mette in evidenza.

Hank Moody

La serie televisiva è prodotta dalla Showtime, in quel filone di prodotti del network che eliminano ogni tipo di censure a favore di quel male che deve essere rappresentato. Il Golden Globe David Duchovny interpreta il protagonista Hank Moody, uno scrittore newyorkese trasferito a Los Angeles in cerca di fama, “un cumulo di cliché, un narcisista che si cerca su google”, come dice Natascha, un altro personaggio, nella prima puntata. 

Dopo essersi prostituito ad Hollywood, cedendo i diritti del suo best seller God hates us all (tradotto, Dio ci odia tutti) per la trasposizione cinematografica A crazy little thing called love (Quella folle dolce cosa chiamata amore), la vita di Hank Moody non fa che peggiorare. Nel suo declino, arriva a ritrovarsi separato da Karen (Natascha Mc Elhone), la donna che ama ma che non ha mai voluto sposare ritenendosi “troppo anticonformista per uniformarsi al branco”, sempre secondo le parole di Natascha. Perdendo la sua musa, perde la sua vena creativa e, vedendo il suo best seller trasformato in un film commerciale, affoga i suoi dispiaceri nell’alcol e nel sesso.

Gli eccessi della serie tv

Prigioniero dei suoi pensieri contorti, vive le sue giornate una sigaretta dietro l’altra e una donna dopo l’altra; il “Bukowski dei poveri”, come lo definisce la figlia Becca (Madeleine Martin), passa le sette stagioni in un tira e molla continuo con Karen e con il lavoro. Ogni chance procuratagli dal suo agente Charlie Runkle (Evan Handler) di tornare a scrivere viene infranta dagli eccessi di arroganza di Hank, che non è in grado di accettare compromessi o che, in alternativa, va a letto con la persona sbagliata.

Peggiore del problema che ha con la scrittura è quello che ha con le donne. Ama le donne, a detta sua “tutte le donne sono belle, avete tutte qualcosa di indimenticabile, un sorriso, una curva, un segreto. Siete delle ammalianti creature. Vi dedicherei la vita”. Nonostante voglia dedicare la sua vita a Karen, non è in grado di tenersela stretta, per cui esercita le sue grandi doti di seduttore su qualsiasi donna gli passi accanto e, ovviamente, nessuna è in grado di respingerlo.

La serie, ideata da Tom Kapinos, è tanto sfacciata quanto ripetitiva; dopo le prime due stagioni sembra essere solo un pretesto per mettere in scena ogni tipo di eccessoParla d’amore ma rappresenta solo la parte che si svolge in camera da letto, parla di famiglia ma ne esprime prevalentemente i lati negativi, parla di uno scrittore ma le scene in cui lo si vede scrivere sono messe in secondo piano dai suoi continui eccessi. A parte la ripetitività della trama, vale la pena vedere Californication almeno una volta nella vita anche solo per farsi due risate o per godersi una buona colonna sonora o ancora per cercare quei numerosi richiami culturali, nascosti in ogni puntata da quel velo di superficialità che sembra coprire la serie, che vengono svelati da una lettura più attenta.

 

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