Il giardino di casa sua.

Ti ho rivisto dopo qualche mese,
quasi dimenticavo quanto fossi alto,
anche di spalle, ho riconosciuto subito il tuo collo,
 e la tua barba.
Il tuo tocco leggero, sulla mia schiena, per salutarmi,
il tuo parlarmi all’orecchio, per via della musica nel locale, troppo alta.
Non pensavo di cedere, ma poi ho ceduto, alla voce interna che ha cominciato
a gridare forte.
Il tuo modo di parlare di rivolgerti a me, 

l’ho cercato in tutti quanti, in tutti quelli che non erano te.
Tornata a casa, ho riletto tutte quante, le tue lettere,
quelle che ho conservato, perché non ho mai voluto dimenticare,
semplicemente mi hai messo nella posizione di farlo, in un modo o nell’altro.
Stai ancora in giardino a guardare il cielo di notte ?
Ma dove vai quando non ci sei ?
dove vai quando non vieni qui ?
cosa dici quando non hai niente da dire?
e cosa guardi quando fuori piove ?
tutti i posti in cui hai promesso di andare insieme, ci sei stato ?
Parli di vuoti, ma poi li colmi male, parlo di persone che “restano”,
ma puntualmente se ne vanno, ridi, ma dentro stai gridando,
e ti chiedi  come può non sentirti nessuno?
come fai a non sentire nemmeno tu?
come fai a non sentire il vuoto?
io, vuota mi ci sento, e per quanto sia vuoto, ti assicuro che non è affatto leggero.
Non capivo bene se dovevo chiedergli di restituirmi qualcosa, o se dovevo esser io,
a restituire qualcosa a lui.
Da quando non fai più parte della mia vita, tutte le persone che incontro, o che mi 
capita di conoscere, le trovo vuote e lontane dal mio essere, e dalle mie idee, e le 
desidero sempre il più lontano possibile da me.
Ti prego,
dimmi dove sei,
quando non ci sei.

credits

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