Stereotipi di moda

[…]

  • Cosa studi?
  • Moda, tu?
  • … Ah, quindi disegni vestiti? / Ma vuoi fare la fashion blogger? / Ti piace come sono vestita? / Allora vuoi diventare una stilista?

Scegliete una delle opzioni sovrastanti (o anche tutte, a volte capitano insieme) e vi troverete davanti alla conversazione che gli studenti di moda hanno con la maggior parte delle persone che si interessano al loro percorso universitario. Lo dico per esperienza personale, mica per altro.

Da studentessa di moda mi sono trovata intrappolata in dialoghi di questo genere migliaia di volte, e il copione è sempre lo stesso. Non sbuffo perché mi infastidisce rispondere alle domande dell’interlocutore-tipo, ma perché mi stupisco ogni volta di come la categoria moda sia inglobata totalmente da uno dei suoi tanti attori: lo stilista. Per la maggior parte delle persone, purtroppo, moda = stilista. E invece no. Lasciatemi spiegare perché.

Ciò che l’interlocutore-tipo ignora, in questo caso, è l’ingente numero di persone che lavorano dietro le quinte di sfilate, pubblicità, editoriali senza che il loro nome compaia su riviste e blog. Il mondo della moda non si compone solo di quei pochi, pochissimi designer di marchi affermati e conosciuti in tutto il mondo, ma si regge su tutte quelle figure che operano nell’ombra, che lavorano nella comunicazione, organizzano eventi, modellano, confezionano, rifiniscono gli abiti che poi vediamo nelle pubblicità, scelti e accessoriati da professionisti di settore, affiancati da corrispondenti della rivista sulla quale comparirà…si potrebbe continuare per ore, a elencare le professioni che pochi conoscono. Ma arriviamo al sodo: se coloro che studiano moda non vogliono fare gli stilisti, cosa vogliono diventare?

C’è da ricordarsi, innanzitutto, che le aziende di moda sono imprese a tutti gli effetti. Di conseguenza presentano le stesse figure professionali presenti in un’impresa di qualsiasi altro tipo: manager, PR, responsabili dell’ufficio stampa, addetti al marketing, alle vendite, all’immagine del brand. Per non parlare poi di tutta la fase di produzione, o sarebbe meglio dire di gestione a distanza della produzione, o degli uffici stampa, di giornalisti, grafici, redattori che lavorano nelle numerose riviste specializzate o si occupano degli inserti di costume nei quotidiani tradizionali.

Ma in questo ipotetico e fantastico mondo della moda è presente anche un’altra figura mistica: la fashion blogger. Se non vuoi fare la stilista, potrebbe pensare il nostro interlocutore-tipo, vorrai fare la fashion blogger. Se non fosse che l’olimpo dei fashion blog è talmente saturo di aspiranti Chiara Ferragni che non ha nemmeno più senso provarci. E che ormai avere stile non è nemmeno indispensabile, dato che le blogger più conosciute spesso e volentieri sono vestite dalla testa ai piedi da brand che poi le pagano anche, privandole della loro “funzione” primaria, quella di dare ispirazione e lanciare trend. Fortunatamente sempre più persone si stanno rendendo conto (grazie, Vogue USA!) del fatto che questi personaggi sono figure sì di spicco, ma che non hanno nessuna competenza specifica nel campo della moda, non sono formati dal punto di vista professionale come lo è un buyer o un giornalista.

Per concludere, spezzo una lancia a favore delle università di moda. Nel XXI secolo, nel paese che è la patria dei più grandi nomi all’interno del mondo della moda, chi studia per fare carriera in quel settore non dovrebbe sentirsi inferiore o preso meno sul serio di chi studia economia o giurisprudenza o qualsiasi altra facoltà. Inspiegabilmente in Italia non viene ancora considerato come dovrebbe, nonostante sia uno dei pochi settori dell’economia in crescita e che ha risentito della crisi solo relativamente.

Nella speranza che cresca la consapevolezza italiana dell’importanza della moda, ho tentato di dare un quadro generale di tutti quegli attori sconosciuti che lavorano dietro le quinte di questo mondo così teatrale. Spero di aver convinto chi legge che la moda non è fatta solo di stilisti e fashion blogger, ma anzi che è un campo ricco di sbocchi occupazionali, settore forte dell’economia italiana, facoltà universitaria a tutti gli effetti nonché canale di espressione alla portata di tutti. Perché alla fin fine, a quello serve. E l’abito lo fa, il monaco.

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