La sincerità dietro ad un microfono

Le aspettative non erano alte. Alle volte deludono cantanti con cui cresci, invecchi, cambi. Deludono perché l’impatto con la realtà, si sa, non sempre può essere appagante. Quando ascolti un inciso, tutto è pulito, più chiaro, magari lineare. Un cantante dal vivo per impressionare deve essere empatico, dote rara ma soprattutto falsificata ultimamente dai troppi media o dalle vie traverse che può prendere la musica. Diciamo che Motta, questo nuovo artista da poco evolutosi in proprio, ha sorpreso, e sicuramente continuerà a farlo. Premio Pimi Speciale 2016 come artista indipendente italiano nel complesso più rilevante per l’attività svolta nella stagione discografica 2015/2016, questo ragazzo ha affermato in varie interviste di voler “rappresentare il disagio”, quello che puoi provare tra i 20 e i 30 anni, o in qualunque momento di passaggio che attraversi nella tua vita. Tema questo che apparentemente può sembrare scontato, motivo per cui la sua originalità nel trattarlo e trasmetterlo gli ha regalato grande successo.

Noi de Lo Sbuffo il 1 ottobre eravamo al The Cage Theatre a Livorno, ad uno dei suoi sessanta concerti, numero delle date de “La Fine dei Vent’anni Tour”. Verso le 23 il palco era quasi allestito completamente e la curiosità saliva. Non sai cosa aspettarti da determinati artisti. Non passano dai talent, non spettacolarizzano troppo la propria figura, cercano di essere ciò che sono, ma il rischio è quello di non arrivare senza l’aiuto di mezzi al di fuori della tua persona. Entra. Semi buio, una fioca luce blu. Alto, magrissimo, tanti capelli neri, che quasi gli coprono completamente la faccia. Parte la musica. Intro lunghissime, non sarà la prima. Ad un certo punto la sua voce. Sembra meglio dal vivo, ha qualcosa in più, qualcosa di penetrante, che ti cade addosso e incontra ciò che hai dentro. Parte con “Prenditi quello che vuoi”, che fa molto “apertura”. Poche frasi, dritte al punto, tanta atmosfera, un’introduzione perfetta. Prosegue e via via è un crescendo di emozione, presa e messa lì, arricchita dai testi delle sue canzoni e dai plurimi strumenti, suonati da lui e dai suoi musicisti. Come dice lo stesso Motta in alcune interviste, i suoi brani hanno tutti uno sfondo politico, anche quando sembra parlino d’altro, ma i temi si intrecciano, sovrappongono; amore, famiglia, politica, vita, è un agglomerato di cose che, in fin dei conti, solo insieme formano ciò che sei. Con grande abilità canta “Prima o poi ci passerà”, accompagnandosi con strumenti a percussione che ritmano il brano, già di per sé coinvolgente. Segue “Del tempo che passa la felicità”, suonando la chitarra. Poi arriva la più famosa e tanto attesa “La fine dei vent’anni”, e così via, un susseguirsi di brani che raccontano Francesco, che tentano di far arrivare qualcosa al pubblico, di emozionare. Ragazzo che pare modesto, attaccato ai propri affetti, risulta anche molto simpatico; non mancano le battute sul suo essere pisano, e quindi in terra “straniera”, suonando a Livorno. Riesce a suonare quasi tutti i pezzi del cd, rientrando un paio di volte su richiesta del pubblico. Lascia una scia, di comprensione e di voglia di vivere la vita senza filtri.

È bello rendersi conto che ancora oggi esistano artisti del genere, che cercano di arrivare direttamente alle persone, quasi come fosse uno scambio tra loro e ogni singolo ascoltatore, come se non importassero le chiacchiere o la fama, solo le emozioni. I commenti positivi su di lui non mentivano; ragazzo la cui musica per certi versi ricorda i primi esordi dei Tiromancino e per altri la bravura degli Afterhours, che compone e suona per trasmettere qualcosa di suo agli altri; può davvero essere ammirato. Che poi piaccia o meno come genere musicale, questo è estremamente soggettivo. Tuttavia nel panorama odierno, dove tutto è passeggero, falsificato, e spesso costruito a scopo di lucro, imbattersi in un’artista del genere può solo far tirare un sospiro di sollievo. Speriamo quindi che il nostro Motta continui a farsi sentire e a regalarci nuove sorprese, perché nel mondo c’è bisogno di originalità, ma soprattutto di trasparenza, e lui pare proprio sulla strada giusta.

FONTI:

www.rollingstones.com

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