Muthos

μυθος

Sì, Nicola dolce, hai ragione, sono una stronza pungente e non mi va mai bene nulla. Ti racconto una storia.
La storia di una bambina perseguitata dalla madre fin dalla più tenera infanzia. La sua prima notte insonne che si ricorda fu quando aveva due anni e mezzo, sua madre andava di matto, lei si svegliò e iniziò a gridare.

Ma il peggio doveva ancora venire. La madre, povera donna aveva una sessualità tormentata e, ebbene sì, anche perversa. Di quelle persone che ti lasciano il viscido addosso con una sola stretta di mano. Distrusse entrambe i figli nella loro dignità di bambini raccontando loro la sua vita sessuale, le sue frustrazioni, i suoi desideri. Era una donna malata e infelice, e per questo fu perdonata, almeno dalla figlia. Nutrì sempre una malcelata e malsana attenzione per il bambino, il maggiore dei due. Per quanto riguarda la bimba è presto detto: la madre non poteva sopportare che la piccola crescesse, diventasse donna, con un corpo di donna, un po’ di seno, un po’ di fianchi, un po’ di morbido. E per la ragazzina venne l’anoressia che non l’abbandonò mai più. Era il suo coping mechanism, la sua strategia di sopravvivenza: non essere per esistere.
L’ultima tragedia di cui fu protagonista la madre, avvenne quando la ragazzina aveva 17 anni, il fratello 20. A questo giro la madre manifestò un vero e proprio interesse sessuale per il figlio. Un interesse incestuoso. Provò ad agirlo invano e sempre lo verbalizzò. Il giovane uomo non si è ancora ripreso dal trauma e passò un anno prima che facesse l’amore con la sua futura moglie.
L’amore è sporco.
L’amore sono occhi di madre che ti guardano, viscidi di desiderio.
Il sesso è male.
Il sesso è dolore.
Il sesso è incesto.
Il sesso è sbagliato.
Soprattutto con le persone che ami.
Perdono il loro candore se ti guardano con quegli occhi di madre incestuosa.
E da qui il fatto che la giovane donna non ebbe mai una relazione con un uomo che amava davvero.
Quelli potevano essere relegati al ruolo di amici, e l’avrebbero amata comunque. Sulla sua strada, a 21 anni incontrò la sua prima storia lunga, non così lunga per fortuna.
Un ragazzo straordinario, sveglio, rapido, forte, uomo, in grado di tenerle testa. In realtà si accorse anni dopo che era comunque più avanti di lei su tutta la linea, intelletto, cuore, emotività, morale. Lei era la sua ventesima donna, le disse lui con arroganza. La giovane donna tornò a essere bambina, a rifiutarlo, a odiarne la carnalità brutale che lui le imponeva. L’amore era dolore, ancora una volta, dolore fisico, dolore psichico, umiliazione. Lui non poteva averla davvero, lei era lontana anni luce, un corpo morto, un esile corpo morto.
— Se non vieni entro un anno ti lascio.
— Se dovessi tradirmi ti scoperei due volte con violenza, come fanno i cavalli quando la femmina ha rapporti con più di uno: si assicurano che il puledro sia loro.

Ma la tragedia avvenne un 8 marzo, a casa di lui, lui si era fatto una canna ma non bastò. Nemmeno il THC poteva calmare la sua violenza e il suo desiderio di averla. Era svestita. La stese per terra in corridoio, occhi stralunati, provò a prenderla. Non fu dolore fisico, lei si mise a gridare e lui rotolò di lato, per fortuna non aveva forza. Le aveva fatto molto più male tutte le volte che lei lo accettava dentro il suo esile corpo. Fu più il colpo di vederlo fuori di sé, non in controllo delle sue azioni, ancora più bruto che mai. Si lasciarono qualche mese dopo.

Lui ora scrive di femminicidio su «Il Giornale». Lei gli vuole ancora bene e perdona, giacché il perdono è il suo unico modo di lavar via lacrime e sangue. Ma nel cuore nessuna croce manca. E le croci hanno i nomi di tutti i ragazzi, gli uomini generosi e attenti che l’hanno amata senza chiedere nulla se non una carezza, una torta, un compito di greco.
Loro l’hanno guardata con occhi candidi, cancellando forzatamente quello sguardo che lei non poteva sostenere. Loro sapevano e in lei vedevano non la donna ma la ragazzina spezzata che non poteva amarli, non come una donna ama un uomo.


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