I tre principali ostacoli per uno scrittore emergente I – Essere pronti per scrivere un romanzo

Da quando ho pubblicato il mio primo romanzo Esperanza, ho capito che il non-mestiere di fare lo scrittore è uno dei sogni italiani più diffusi. Ci sta. Sognare è gratis.

— Ma tu come hai fatto a scrivere un romanzo?
— In che senso?
— Mi piacerebbe scrivere un romanzo ma non riesco.
(Mi piacerebbe ma).
— Perché?
— Non saprei da dove cominciare. E poi ho paura di non piacere.
(Ho paura di non piacere).

Ecco, dialoghi del genere mi sono capitati e capitano tante volte. Sono tante le persone che vorrebbero “ma”.
Prima di chiedersi come si scrive un romanzo, credo sia importante capire se la scrittura sia dentro di noi. Essere portati, insomma. Come è portato chi è bravo a cucinare. Anche a me piacerebbe essere un piccolo Cracco, far innamorare una donna servendole una lasagna con disegnato sopra un cuore di besciamella, ma ho sempre lasciato perdere, perché so che mi scoccerei ancora prima di metterla in forno. Per me è una faticaccia anche solo fare un ragù. La lasagna sarebbe uno sforzo enorme più che un piacere. E quando ci si sforza di fare una cosa, esce una “ciofeca”; soprattutto però, non mi sentirei naturale, non sarei me stesso.

La prima cosa che posso dire è non ci si deve sforzare.
Più che il desiderio di scrivere, noto spesso un tentativo, perché “essere scrittore fa figo” e con l’autopubblicazione è diventato quasi una moda. Scrivere e/o saperlo fare, non rende però una persona più figa delle altre. C’è chi è portato per una cosa, chi per un’altra. Essere scrittori non è meglio di essere cuochi, spazzini, impiegati, babysitter, autisti, insegnanti eccetera.

Altra cosa che per me è necessaria prima di iniziare: non aver paura dei giudizi. Scrivere è come guardarci allo specchio. Uno scrittore non può permettersi di aver paura di non piacere. Ma cosa dico, chiunque non può permettersi di aver paura di non piacere. A chi mi dice che ha paura di non piacere, rispondo spesso che nemmeno Gesù Cristo è piaciuto a tutti, figurarsi io. Quindi, eliminiamo le paure psico-sociali. Scrivere aiuta anche in questo: a migliorare noi stessi, a vincere le insicurezze. Partite sicuri, altrimenti lasciate perdere. Come ho lasciato perdere io le lasagne col cuore.

Prima di impugnare la penna, dobbiamo innanzitutto capire se abbiamo il tempo del romanzo: se non abbiamo paura del rischio, se vogliamo sbilanciarci, metterci alla prova, se siamo convinti di noi stessi eccetera. Il tempo del romanzo lo dobbiamo capire e imparare da soli, come il tempo di tutte le cose – qualcuno può insegnarci anche a baciare, ma nessuno ci può insegnare quando è il momento giusto per darlo, il bacio; lo dobbiamo capire da soli. Tutte le cose hanno un tempo, persino il bacio, e spesso è quello che fa la differenza.

Se si è consapevoli di avere il tempo del romanzo, si può iniziare a scriverlo. Ci sono tantissime cosette pratiche che bisogna sapere, le scuole di scrittura creativa possono aiutare in questo, ma quelle che ritengo più fondamentali, che danno la base, sono queste:

  • Leggere, leggere tanto. Cose belle e cose brutte, non importa. Leggere è l’allenamento dello scrittore. Il 90% delle informazioni, anche inconsapevolmente, lo si apprende dalle letture. Ogni libro, ogni autore, è una lezione. Prendiamo appunti, sempre.
  • Scrivi innanzitutto per te stesso, non per piacere agli altri. Un romanzo non è un articolo di giornale. Soddisfati. Quando dico che scrivo prima di tutto per me stesso, in tanti mi rispondono: “Ma no, si scrive per arrivare a qualcuno. Io scrivo per le persone”. Ok, ma hai perso un passaggio: un romanzo è una cosa che nasce dal tuo cuore, dal tuo stomaco. Se scriverlo ti facesse schifo, te ne fregherebbe di arrivare agli altri? Se scriverlo fosse una cosa che non ti piace, la faresti? O mi stai dicendo che fai un gesto eroico, controvoglia, per il bene dell’umanità? Uno scrittore deve essere vero, sincero. Penso che il vero romanziere sia di base egoista, non abbia come primo scopo l’arrivare a qualcuno, come un saggista o un giornalista, bensì arrivare a se stesso.

Quindi, quando scriviamo, chiediamoci prima di tutto: ci fa stare bene? Ci piace? Ci soddisfa? Ci serve? Ci aiuta? Non sto parlando di ciò che scrivete, ma dell’emozione che provate nel farlo, se la risposta è no, non siete pronti. Se la risposta è sì, andiamo avanti. Tre piccoli consigli pratici per me importanti:

  • Partire piano. Scrivere versi, sciocche poesie, brevi racconti. Allenarsi. È utile per capire se ci piace il gesto. E non badare agli altri. Concentriamoci solo su noi stessi. Più naturali possibili. Nessuna forzatura. Non è un lavoro. Scrivere deve solo farci stare meglio, sentirci liberi, cercare la libertà.
  • Create un personaggio che abbia un obiettivo, o anche più di uno, non importa se irraggiungibile, e lotti per raggiungerlo. Le trame più avvincenti si basano proprio su questo: il personaggio vuole una cosa, qualcosa glielo impedisce, nasce il conflitto e il personaggio deve superare quell’ostacolo. Creare anche più conflitti, se possibile.
  • Togliamoci dalla testa l’idea di scrivere per guadagnare o diventare ricchi. Come diceva Steinbeck: “La professione di scrivere libri fa apparire le corse dei cavalli un’attività solida, stabile”.

Scrivere un romanzo può essere complicato, ma non è un’impresa epica se viene vissuto come un piacere e non una forzatura. Sappiate che in commercio ci sono libri, anche parecchio venduti, che fanno sanguinare gli occhi per come sono scritti. Quindi niente paura. Conta anche un po’ di fortuna nell’essere selezionati.

Una volta ultimata la stesura di un romanzo, non è finita. Ci sono altri due grossi ostacoli: la pubblicazione e la promozione. Ma di questi parlerò la prossima volta.


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