Con gli occhi di una casa

Secondo l’opinione comune io non dovrei parlare, dovrei essere una muta osservatrice di quello che avviene al mio interno. È vero, io sono vuota, niente più di un guscio che dentro di se ospita un frutto molto appetitoso. Tuttavia è proprio l’onore di portare al mio interno una cosa così preziosa che mi dà la possibilità di esprimermi. Io posso vedere la vita delle persone da una prospettiva del tutto insolita. Io sono una casa, o per meglio dire, uno studentato.

Al contrario delle mie tante altre “colleghe”, non ho la possibilità di affezionarmi a poche persone che svolgono la loro routine quotidiana, sempre circondati dagli stessi amici, sempre con gli stessi mobili e gli stessi quadri nel soggiorno. Io ho dovuto presto imparare che per non soffrire non dovevo affezionarmi ai miei abitanti ma limitarmi a guardare le loro avventure e a riderne insieme al mio migliore amico, il condomino in fondo alla strada.

Di certo non mi si può definire bella: sono nata per essere funzionale, quadrata e facilmente pulibile. Di mobili al mio interno nemmeno a parlarne. Ospito ben 200 letti, 200 scrivanie e 200 sedie tutti assolutamente identici e tutti rigorosamente bianchi. Perché bianchi poi non l’ho mai capito. Anche le pareti, non me le potevano fare rosa o azzurre? Perché proprio bianche? Bianco è un colore che sa di nuovo e di anonimo. Infatti il mio momento preferito è quando ogni studente inizia a personalizzare la sua camera, attaccando poster di concerti e cantanti famosi, cartine geografiche, foto dei suoi amici e cose di questo genere.

Il periodo migliore dell’anno è sempre stato il Natale per me. Le mie pareti si riempiono sempre di decorazioni un po’ sceme, tutte colorate e luccicanti e quasi sempre fatte a mano, il che le rende un po’ brutte da vedere ma sempre originali. Come tutto il resto dei mobili che ospito. Economici, brutti, ma super personali. È bellissimo vedere come ogni studente riesce a creare qualcosa di estremamente diverso da quello prima, più ci penso e meno me ne capacito. Alla fine hanno tutti a loro disposizione quelle quattro mura bianche e gli stessi mobili bianchi.

Inutile dire che gli studenti che odio di più sono quelli che non decorano affatto. Li trovo monotoni e un po’ mi offendono anche, perché si vede che non ci tengono a rendere bello e accogliente il posto in cui vivono, quindi in pratica mi fanno capire che io per loro non sono importante. Beh, se non glielo dessi io un posto dove stare dove dormirebbero, sotto a un ponte? Gli starebbe bene, dovrebbero provare. Così magari inizierebbero a mostrarmi un po’ di rispetto.

Per non parlare di quelli che non puliscono, quelli sono proprio una categoria a parte. Uno studente che non decora lo tollero anche, ma uno che non pulisce proprio no. Quando me ne capita uno non vedo l’ora che se ne vada. Ho visto di quelle cose, schifose e inenarrabili che farebbero accapponare le pareti anche a una di quelle case che sono disabitate da anni. E la cosa peggiore è che magari lo studente della porta accanto ha vinto il premio “Mastro Lindo” dell’anno, quindi tutti i santi giorni mi tocca mettere a confronto le due cose. Ma passiamo ad altri argomenti.

Il momento che odio di più della mia vita è la fine del semestre, ogni volta che uno studente va via piango un po’ anche io. E come piangono le case? Tubature rotte, lavandini che gocciolano, lavatrici che si rompono e allagano tutto… Siamo fantasiose noi case. Ogni volta che arriva un coinquilino nuovo sorrido sempre insieme a lui ogni volta che trova qualcosa di me che gli piace. E poi ovviamente aspetto che mi presenti i suoi amici, che mi faccia sentire l’odore del suo cibo, che lasci un segno sulle mie pareti e poi nulla, tutto torna alla normalità.


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