“Fury”

Non è possibile aggiungere altre parole per definire la pellicola definitiva e attualmente più accurata sul terrore della Seconda Guerra Mondiale nei suoi ultimi giorni, nell’aprile del 1945: la Germania è ormai invasa, e Hitler ha dato ordine di mandare al fronte chiunque potesse impugnare un’arma. Uomini, donne, bambini, chi si oppone viene impiccato pubblicamente.
E in questo scenario drammatico che vediamo sorgere la punta del cannone di un carro americano Sherman M4, soprannominato “Fury”. La squadra di carristi guidata da Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt) è la più decorata ed esperta sui campi di battaglia, reduce dalle campagne africane, belga e francesi: tra essi troviamo il caricatore Grady “Coon-ass” Travis, il cannoniere Boyd “Bible” Swan, l’autista Trini “Gordo” Garcia e il novello militare Norman “Machine” Ellison, tutti intenti a liberare la Germania nazista città dopo città, all’interno della loro casa corazzata.

Il massacro è costante, e il regista ci tiene a sottolinearlo, annullando ogni tipo di censura morale e fisica; si alternano scontri realistici con la fanteria meccanizzata tedesca e persino con un carro armato Tiger rimesso a nuovo, preso in prestito da un museo tedesco per realizzare questo film. Eppure questa pellicola è stata fortemente criticata, perché ritenuta “irreale e poco accurata“, un giudizio con cui mi trovo molto in disaccordo.

Parlando da appassionato di storia di guerra, posso ritenere Fury uno dei film più accurati oggi in circolazione, semplicemente per come è  stato reso l’elemento fondante della trama: l’equipaggio del carro armato, che viene ripreso per l’80% della durata, alternando costantemente i suoi membri con un ritmo “capo-caricatore-cannoniere-autisti”, specialmente durante gli scontri. Un modo molto efficace per spiegare le meccaniche del mezzo senza abbandonare  l’adrenalina delle battaglie
La guerra e le sparatorie non sono tuttavia l’elemento unico del film. In un paio di occasioni, sembra venirsi a creare una pace illusoria e una calma apparente in cui i personaggi cercano di dimenticare l’incubo che stanno vivendo, chiacchierando, mangiando o bevendo insieme. Tuttavia gli anni trascorsi al fronte li hanno resi degli esseri a malapena umani dediti alla violenza e all’omicidio spietato, e l’unico a mantenere un briciolo di buon senso fino alla fine sembra essere Norman, entrato nell’esercito appena due mesi prima e scioccato dalla brutalità che scaturisce dal conflitto.

Parlando di recitazione, il cast sembra aver mescolato volti sconosciuti a figure portanti come quella di Brad Pitt, il cui talento attoriale è cosa nota. Gli altri, chi appena sbarcato nel cinema dalle serie TV, chi personaggio secondario di film di serie B made in America, si difendono come possono e ci riescono, dando un tocco di autenticità alla trama. Il filtro cinematografico regna, e a quanto pare anche lo sporco di chi ha trascorso tre anni in un carro armato. Pecche particolari non sembrano essercene, salvo qualche errore nella traduzione italiana dei dialoghi che, si sa, tende a essere molto imprecisa. In ogni caso i dialoghi non sono la colonna portante del film; qui si fa la guerra alla vecchia maniera.

Fury non è un film per tutti. Si tratta di una storia ai limiti del crudo e della sopportabilità visiva, soprattutto per le menti “sensibili”. La validità di un film come questo è innegabile, sebbene in molti abbiano a più riprese tentato di affossarlo appellandosi a cavilli come la durata, i “raggi laser stile guerre stellari” che uscivano dalle armi da fuoco e via dicendo. È da vedere e apprezzare per la sua accuratezza. Punto.


Fonti

Wikipedia

Crediti

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