Ventiquattro anni d’amore (o quasi) – Parte II

Solo adesso, a ventiquattro anni e con tutto questo alle spalle, posso dire che è stato all’età di diciannove anni che per la prima volta mi sono innamorata, ho amato davvero qualcuno. Per comodità lo chiameremo Amore 1.

Estate della maturità, appena rientrata dalla vacanza “della distruzione” conosco un ragazzo. Un ragazzo come un altro, uno qualunque. Sapevo due cose sul suo conto: la prima è che frequentasse il liceo che io avevo appena concluso; la seconda (di non scarsa importanza) è che ascoltasse Ligabue. Venni a conoscenza della seconda in un modo alquanto bizzarro, che per anni mi ha fatto perdere tempo ad interrogarmi se forse, quella scena vissuta, non fosse stata un segno del destino.

I tempi, comunque, sono cambiati dall’Amore Adolescenziale Numero 1. Non esiste più il telefonarsi a casa, il farsi gli squilli, il trovarsi direttamente in piazza. Ci sentiamo su Facebook, ci scambiamo il numero. Lui mi piace, ma io ho il progetto di andare a studiare a Roma per l’Università e non c’è niente e nessuno che possa trattenermi dal realizzarlo (a parte il sistema di attribuzione delle borse di studio e gli alloggi per gli studenti, si intende).

Di Amore 1, ovviamente, mi ricordo tutto: ogni singolo dettaglio, anche il più inutile. La sera in cui ci siamo conosciuti, durante un mio turno di lavoro al ristorante. Ricordi di avergli scritto io per prima (ahimè). Ricordo il nostro primo bacio.

Quel che più mi ha sorpreso, quando mi sono innamorata per la prima volta, è il fatto che ogni volta mi sembrasse la prima, per qualunque cosa. Avevo già baciato molti ragazzi prima di lui, avevo già vissuto il mio primo bacio, ma quando ho baciato per la prima volta Amore 1, forse per l’alcool o per l’euforia trascinata dall’estate post maturità, ho avuto la sensazione che fosse quello il mio primo bacio. Come se non fosse mai esistito nessun uomo prima. Così come la prima volta in cui facemmo l’amore. Ero così innamorata di lui, così felice di quello che stavamo vivendo, che quando facemmo l’amore per la prima volta mi sentii una ragazzina alle prime armi.

L’idillio con Amore 1, comunque, durò relativamente poco. Poco se confrontato con l’inferno con Amore 1. Ebbene sì, sarà stato perché era il primo, o perché per la prima volta avevo pensato che davvero avessi trovato il mio principe azzurro, che sarebbe rimasto con me per sempre. Ma rimane il fatto che a fronte di sette mesi di occhi a cuore, “ti amo” sussurrati, momenti in cui credi che il cuore potrebbe scoppiarti nel petto dalla felicità, gli anni a seguire sarebbe stato meglio passarli in isolamento forzato, piuttosto che a rincorrere un amore che in realtà non esisteva più. Si era dissolto, ma tu eri troppo cieca per accorgertene.

Quel che comunque più lo caratterizzava era un particolare atteggiamento ripetuto negli anni, che si può descrivere con il ritornello di una canzone dei Derozer: “ti amo quando sono sbronzo“. Era l’alcool a fare sì che Amore 1 esprimesse tutto l’amore che provava nei miei confronti. Era ubriaco quando mi disse “ti amo” per la prima volta, quando mi chiese di sposarlo per ben due volte. Con la sola differenza che, nei mesi di idillio, riusciva ad esprimere i suoi sentimenti anche da sobrio. Mentre negli anni di inferno “ti amo quando sono sbronzo” era il nostro Leitmotiv.

Dopo la nostra rottura, di cui ricordo ogni minimo particolare (dalle parole, alle lacrime, agli insulti), Amore 1 non si è fatto da parte. Amore 1 è rimasto lì sempre, un po’ presente e un po’ latente, ma sempre in agguato. Talvolta è convinto di amarmi ancora, talvolta dichiara apertamente la totale assenza di sentimenti nei nostri rendez-vous sessuali (per altro alcune volte riuscendo a contraddirsi nel giro di dodici ore). Amore 1 per circa quattro anni c’è sempre stato. Di modo che, quelle rare volte in cui riuscivo a convincermi che fosse finita e mi decidevo ad uscire con qualcuno, lui potesse tornare, dirmi che mi amava e farmi tornare sui miei passi (per poi, ovviamente, lasciarmi di nuovo).

È andata così con quello che chiameremo Post 1 di Amore 1. Avevo da poco cominciato l’Università, a Milano, quando conobbi a lezione (il povero) Post 1 di Amore 1. Studiava Lettere con me ed era un ragazzo estremamente dolce. Era però anche sufficientemente debole da farmi pensare che non avrei vissuto l’inferno di discussioni che avevo passato con Amore 1. Ci frequentammo in tutto per circa tre mesi. Durante questo breve lasso di tempo feci  una delle cose che più mi rimprovero nella mia vita (oltre ad averlo fatto conoscere ai miei solo per dimostrare a tutti che lui non fosse solo un ripiego – cosa che ovviamente era -): al suo “ti amo” risposi “anche io”.

Ora, al di là di Amore 1, anche i miei Amori Adolescenziali mi avevano strappato dei “ti amo”, che solo dopo anni ho capito che non erano veri ed autentici. A quel tempo però ero convinta che fossero i “ti amo” più veri del mondo. Quel che differenzia il “ti amo” detto a Post 1 di Amore 1 da tutti quelli adolescenziali, è il fatto che quando ho risposto “anche io” ero perfettamente cosciente che non fosse vero.

Forse il mio era più un voler gridare al mondo intero che amavo un altro, che Amore 1 era acqua passata, mentre in cuor mio sapevo benissimo che così non era. E infatti, non appena venuto conoscenza di questa mia frequentazione, Amore 1 tornò in pompa magna, asserendo di amarmi, di non poter amare nessun’altra. Mi ripeté per l’ennesima volta che ero la donna della sua vita.

E io? Io dentro di me avevo già la banda che suonava la marcia nuziale. Misi però in atto una dinamica che nei quattro anni passati a rincorrere Amore 1 si è presentata parecchie volte. Il ritornello fa più o meno così: Amore 1 torna, mi dice che mi ama,  che vuole stare con me, io esprimo dubbi di vario genere (inventandoli), giusto per non dargliela subito vinta. Pochi giornI dopo gli dico che possiamo tornare insieme. A quel punto Amore 1 ritratta. Oppure, se l’ha sparata troppo grossa per ritrattare, rilancia con: “Ma tu non mi hai creduto fin dall’inizio, come facciamo a stare insieme se le premesse sono queste?”, oppure “Ti amo, ma non sono pronto”.

P.s. per anni mi sono chiesta quali fossero i tempi di cottura di Amore 1. Per poi giungere alla conclusione che il problema non erano i tempi di cottura, ma che la cuoca non era quella giusta.

La verità è che quando ci ritroviamo davanti ad una persona che dopo un “ti amo” inserisce un “ma”, dovremmo fuggire a gambe levate. Perché se ami qualcuno lo ami e basta, non ci sono “ma” che tengano.

Comunque il povero Post 1 di Amore 1 venne lasciato. Si rese conto lui stesso di non avere nulla che non andasse, ma che purtroppo aveva avuto la disgrazia di ritrovarsi davanti me. Cercavo di dimostrare al mondo di essere andata avanti quando in realtà non avevo fatto nemmeno un passo. Non si arrabbiò nemmeno e ancora non riesco a spiegarmi come abbia fatto: io mi sarei spaccata la faccia da sola.

I miei tentativi di intraprendere frequentazioni abituali dopo Amore 1, comunque, si concludono qui. Dopo il povero Post 1 di Amore 1, ho capito subito che quella non era la strada giusta. Non potevo affrontare il dolore della fine del mio primo amore e voltare pagina semplicemente sostituendo Amore 1 con un qualsiasi Post. Il problema, a quel punto, è stato che non impegnandomi altrove, ero sempre disponibile quando Amore 1 tornava. E Amore 1 è tornato tante di quelle volte che ho perso il conto. È tornato persino in piena notte, sbronzo, sotto casa mia, svegliando tutta la mia famiglia, solo per dirmi che gli piacevo proprio tanto. È tornato innumerevoli volte asserendo di volere solo fare sesso.

Ma a sua discolpa devo dire che tante sono state anche le volte in cui quella che tornava indietro ero io. Una me confusa, ma innamorata. Spesso quando succedeva qualcosa che non sapevo gestire tornavo da lui. Lui che nonostante tutto, a modo suo, è sempre stato un’ottima spalla, un sostegno, anche quando tra noi era finita.

È vero, Amore 1 mi ha fatto male, come nessun altro ha mai saputo farmene nei miei 24 anni di vita e come mi auguro nessuno me ne farà mai più. Ma nonostante questo sono contenta di averlo incontrato ed amato. Perché, seppur in modo stentato, in un modo tutto suo (e vi assicuro che è particolare), mi ha fatto capire cosa voglia dire amare qualcuno veramente.

di Martina Difilo

 

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