Caoslandia e l’ordine globale

Caoslandia è un termine coniato da Lucio Caracciolo e Laura Canali e comparso nell’editoriale di «Limes» del febbraio 2016, adottato per definire una vasta zona in cui uno Stato non riesce a svolgere pienamente la sua prerogativa di controllo della forza e quindi regna il “caos sistemico”. Vi sono cioè gruppi che utilizzano i vari vuoti di potere a proprio vantaggio. Un’analisi dettagliata di questo neologismo può permetterci di capire perché non possiamo parlare di Stati Uniti come potenza egemone che possa garantire un ordine globale.

Il concetto di “Caoslandia” in Geopolitica

Termini simili non sono nuovi in geopolitica, in cui già dagli anni ’70 Lewis e Brzezínski teorizzarono l’esistenza di un “arco di crisi” comprendente le regioni mondiali più instabili, facilmente delineabili su una mappa.

All’inizio questo arco comprendeva i paesi del Vicino Oriente, salvo poi estendersi progressivamente e  arrivare a coprire un’area che va dalla Somalia al Pakistan. Ci si potrebbe chiedere come sia possibile raggruppare sotto un unico nome territori così diversi, come succede col termine Caoslandia.

Un primo fattore comune è la presenza di conflitti, più o meno noti. Guerre contro i cartelli della droga, guerre civili, insurrezioni di gruppi terroristici e conflitti in cui le potenze regionali e globali intervengono in aiuto di una o dell’altra parte sono ben presenti e contribuiscono a una situazione di caos, in cui diversi interessi si scontrano tra loro per cercare di colmare il vuoto di potere.

A questo possiamo aggiungere le instabilità delle politiche interne. Infatti, anche nei territori dove non sono presenti guerre, lo Stato non riesce a controllare perfettamente il proprio territorio a causa di svariate motivazioni. È così in Burkina Faso, dove la transizione dal regime di Blaise Compaoré alle elezioni presidenziali è stata resa più complicata da scontri tra civili, un colpo di Stato e da una situazione regionale instabile in cui i terroristi hanno attaccato la capitale e controllano ampie fette dei paesi vicini. Analoga sorte hanno avuto Angola e Madagascar, Paesi le cui popolazioni chiedono più democrazia. Ed è così persino in un piccolo Stato come le Maldive, in cui le tensioni tra il governo e il capo della Suprema Corte hanno portato a un colpo di Stato.

L’insanabilità di Caoslandia

Come si nota dalle mappe, vi è una regione di caos davvero vasta che probabilmente ricopre la metà del pianeta. È quindi impossibile parlare di un “ordine globale” e di una “fine della storia”, come sosteneva Francis Fukuyama.

In effetti una potenza davvero egemone, come gli Stati Uniti, negli anni ’90, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, avrebbe potuto per un breve periodo porre fine a molti conflitti minori. La situazione adesso è ben diversa, con tre grandi potenze che possono davvero essere protagonisti in Caoslandia: Stati Uniti, Russia e Cina.

Nessuno di questi tre Paesi però sembra essere in grado di portare l’ordine e in alcuni casi non vi è nemmeno l’interesse. Sembra perciò che l’illusione di un mondo senza scontri che si prospettava agli inizi degli anni ’90 sia davvero giunta alla fine. Conviene prepararsi a guardare il mondo sotto gli occhi di alleanze e giochi di potere tra gli Stati maggiori, come avveniva nell’Europa di inizio ‘900.

Sperando che un’altra Sarajevo non funga da pretesto per scatenare il finimondo.

FONTI

Limes

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