La solitudine degli aeroplani

Qualche giorno fa ero molto triste.
Quando mi capita di esserlo “molto”,
Decido di andare in qualche grande stazione, o in aeroporto,
che non è molto lontano da casa mia.
Decido di sedermi dinnanzi alla vetrata,
quella che dà sulla pista degli aerei in partenza
E passo il tempo a chiedermi: dove vanno?
Da dove tornano?
Quanto tempo ci impiegherei a raggiungere quel posto, a piedi?

Spesso mi capita di conoscere persone lontane da me,
e quando mi piacciono considerevolmente,
avvio il navigatore sul mio telefono,
imposto la mia posizione, poi quella dell’altra persona.
Imposto la modalità “a piedi”.
Così da potermi indicare la tempistica per raggiungere
l’altra persona se decidessi di andarci a piedi.
E lo faccio perché a volte una cosa mi piace
così tanto che nonostante sia lontana, non mi immobilita,
anzi, mi mobilita a raggiungerla, in qualsiasi modo.
Io non riesco proprio a fare come la volpe,
io, se non arrivo all’uva, non dico che è acerba,
io provo con tutta me stessa a raggiungere l’uva,
se l’uva è importante per me.

Mentre gli aerei continuano a tornare,
mentre gli aerei continuano a partire,
Penso alla poesie di Erich Fried “Sempre più difficile”.
Gira nella mia testa come una trottola;
“Vederti una volta sola
e poi mai più
dev`essere più facile
che vederti ancora una volta
e poi mai più .
Vederti ancora una volta
e poi mai più
dev`essere più facile
che vederti ancora due volte
e poi mai più .
Vederti ancora due volte
e poi mai più
dev`essere più facile
che vederti ancora tre volte
e poi mai più .
Ma io sono uno stupido
e voglio vederti
ancora molte volte
prima
di non poterti vedere
mai più.”

La ripeto qualche volta.
Poi torno a casa, a sognare gli aeroplani.

Credits: Copertina

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