Brevissima disquisizione su Daesh e la società dello spettacolo

 

Anticipo la sinteticità dell’articolo, soprattutto in relazione a quel che l’argomento in questione dovrebbe meritare. Ma del resto oggi giorno conviene essere brevi, sperando al contempo di essere anche incisivi. E proprio questo sarà la piccola missione di questo articolo breve senza pretese: provare a capire i tratti che uniscono il fenomeno Daesh e quel che si può definire come tutto ciò che appartiene alla sfera della “Società dello spettacolo”, usando l’espressione di Debord come benchmark per l’insieme di concetti e subpensieri raccolti.

Uno dei primi punti che voglio affrontare è la filosofia comunicativa di questo fenomeno prima chiamato ISIS. Chi si ricorda ben sa che le decapitazioni che vedemmo erano in puro stile hollywoodiano, perfette, quasi piacevoli alla vista, non fosse per il contenuto. Andando avanti, possiamo passare alla natura degli attentati, specie gli ultimi.

Nizza e lo sgozzamento del prete francese hanno qualcosa di superiore in termini mediatici delle bombe parigine o di altri attentati: la brutalità. Un camion che investe famiglie in atmosfera di festa nazionale, tagliare la gola ad un ecclesiastico cristiano dentro il suo luogo di culto, la chiesa, è diverso che piazzare una bomba. Chiaramente anche le bombe parigine ebbero un nemico metafisico chiaro: il divertimento occidentale. Nizza e Rouen invece no. Il primo sembra avere come obbiettivo quello di darci orrore, di dimostrare quanto crudeli e carnefici possono essere in casa nostra. Rouen è visibilmente di stampo religioso.

L’Isis, Daesh o come lo si voglia chiamare, non è in guerra con una religione, ovvero quella cristiana, ma con uno stile di vita, quello occidentale. Pur rappresentando una religione non cerca il conflitto con la religione adiacente. Come dire, il nostro stile di vita occidentale, spesso criticato dalle più estreme frangie cattoliche, è fuori da una concezione religiosa identificante. Chiaramente ha spirito cristiano, come lo possiede l’europa intera, protestante o cattolica che sia, ma non è più determinante.

Ora l’Isis sembra farci una guerra non solo materiale e terroristica, ma soprattutto immaginifica. Gioca con immagini, costruite o vere. Nizza è immagine, forte, imponente. Rouen anche.

La comunicazione social, il reclutamento su Facebook. I giovani disperati, come quelli tedeschi, presi su qualche chat segreta. Tutto questo è frutto di una conoscenza acquisita tramite canali occidentali. I complottisti partono in quinta ormai affermando che dietro vi è l’occidente. Non è detto, ma certamente le strategie di trasmissione dei messaggi sono gestite con metodologie che vengono dall’Atlantico.

Non sappiamo ancora molte cose certe su questo fenomeno politico, l’ISIS, e ci sono tanti lati oscuri, tantissimi. Una cosa è certa: per suo volere, l’organizzazione estremista ha scelto di inserirsi all’interno della società dello spettacolo, così come la usa una qualsiasi multinazionale per favorire la sua immagine e quella dei suoi prodotti. Così come fanno i moderni partiti politici per trasmettere personaggi politici fittizi e per giunta regalare una immagine per uno stile di vita di chi appartiene a questo gruppo. Separare immagine e realtà, dando all’immagine una seconda vita, distaccata da quella reale. Come diceva Debord:

Nel mondo realmente rovesciato, il vero è un momento del falso.

Italo Angelo Petrone

 

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