helen keller

La crisi dell’Occidente e l’ottimismo di Helen Keller

Helen Keller

Con tanta facilità molti del nostro secolo soccombono alla disperazione. Ogni persona combatte lotte le cui vittorie e sconfitte non sta a noi giudicare, ma in una crisi, che mina il valore stesso della lotta nella sofferenza, è doveroso tentare di dare una mano. La strada della scrittura non può che essere, in questo caso, quella della testimonianza, il far presente la vicenda di una delle tante donne e uomini che inneggiarono con le loro vite e qualche scritto all’intima positività della realtà e degli umani destini. Helen Keller rientra tra questi. A diciotto mesi di età contrasse una febbre che la rese cieca, sorda e muta. Scoprì nella sofferenza l’assurdità di una strada che la portò a scrivere, adulta, un libro dal titolo “Optimism”. Cosa può insegnarci una donna – privata della possibilità di fare esperienza del mondo – sul mondo?.

Optimism

È lei stessa a dirlo: “Il mio ottimismo non è dunque una supina e irragionevole rassegnazione. Un poeta disse un giorno che io debbo esser felice perché vivo in un bellissimo sogno, non nel freddo e nudo presente. Si vivo in un bellissimo sogno, ma quel sogno è il reale, il presente. Quello stesso male che il poeta supponeva dovesse essere fonte di crudele scetticismo, è necessario alla completa conoscenza della gioia. Solo dal contatto col male avrei potuto imparare a sentire per contrasto, la bellezza della verità dell’amore e della bontà.”

Forse il miracolo di queste parole è già nella grandezza dell’essere state dette, da una donna che conobbe, nonostante la sofferenza, la pienezza di un rapporto con se stessa e con l’umanità. È così difficile per noi oggi comprendere come dal contatto col male si possa imparare qualcosa che non sia una nozione di bene, per contrasto, ma l’esperienza di un cammino verso la bellezza e l’amore?

Per un Occidente che sta perdendo il senso della bellezza, quella stessa che dovrebbe salvarlo, è arrivato il momento di tornare a quel che di vivo e vero può essere recuperato. Il problema portante è quello della felicità; infatti, se la volontà di essere felice anima ugualmente il filosofo, il principe e lo spazzacamino, oggi – che parlando di felicità non sappiamo a cosa ci riferiamo – diventa fondamentale rimettersi in ascolto. Non è certo con la politica dell’ andare “sempre avanti” che si trova la forza per uscire dalla crisi.

Bisogna guardare ai tanti che ce l’hanno fatta. Il loro motto non è stato il sopracitato “sempre avanti”, ma l’umile e potente desiderio di lottare esposti a tutta la  pressione della realtà. E se non possiamo essere ottimisti, come seppe esserlo la Keller, possiamo almeno sforzarci di curiosare ancora nelle vite di chi ha saputo cambiare le sfide in bellezza. Di seguito il video di Helen Keller insieme ad Anne Sullivan, la sua insegnante.

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