Le vite degli altri

“1984, Berlino Est. La Glasnost è ancora lontana. La popolazione della DDR è tenuta sotto stretto controllo della Stasi, la polizia segreta della Germania Est.

Con 100.000 uomini e 200.000 informatori la Stasi tutela la sicurezza della Dittatura del Proletariato. Suo dichiarato obiettivo è quello di “sapere tutto”.

Un incipit lapidario quello del film “le vite degli altri”; potrebbe quasi fare da riassunto per tutta la trama. I temi principali del film infatti sono proprio questi: la Stasi e il controllo totale che esercita sulla popolazione della Germania dell’est. Sembra quasi un adattamento del famoso slogan “the big brother is watching you” di George Orwell, filo conduttore del romanzo 1984. L’unico problema è che qui non si tratta di finzione. La Stasi ha davvero tenuto sotto controllo migliaia di cittadini della ex DDR, giorno e notte, anno dopo anno fino alla caduta del muro nel 1989.

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I protagonisti di questo film, uno scrittore e un’attrice, vengono tenuti sotto controllo da un ufficiale della Stasi, in cerca di attività sospette dei due: affermazioni contro il regime, tentativi di fuga, qualsiasi cosa. Ci troviamo quindi di fronte a personaggi totalmente opposti, due artisti dalla vita vivace, piena di persone e conoscenze e un uomo del partito, che non ha una vita propria ma che vive la vita degli altri, ascoltando ogni conversazione e ogni movimento, quasi si trattasse di una soap opera.

Decisamente inquietante. Si capisce benissimo lo stato d’animo del protagonista quando capisce di essere stato tenuto sotto osservazione per anni. Tradito, deluso da uno stato nel quale in fondo credeva. Con la stessa partecipazione emotiva assistiamo però al risveglio dei sentimenti della guardia della Stasi, sempre più partecipe di una vita che non gli appartiene ma di cui sa tutto, fino al finale tragico ma sicuramente anche dolce.

Concludo con la frase secondo me centrale di tutto il film. Perfino uno Stato che osservava e monitorava tutto aveva interesse a celare alcuni “piccoli”, “insignificanti” dettagli, guarda caso proprio quelli che riguardavano la felicità dei cittadini.

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“Il Dipartimento Centrale di Statistica della DDR in Hans-Beimler-Straße registra tutto, sa tutto. Quante paia di scarpe compriamo ogni anno (2,3), quanti libri leggiamo ogni anno (3,2) e quanti studenti superano brillantemente ogni anno gli esami di maturità (6347). Ma c’è una cifra che non viene aggiornata, forse perché anche ai burocrati fa impressione: quella del numero di suicidi. A chi telefonasse in Beimler-Straße per chiedere quante persone la disperazione ha indotto a togliersi la vita tra l’Elba e l’Oder, tra il Mar Baltico e la frontiera meridionale, l’oracolo delle statistiche non risponderebbe. Ma probabilmente passerebbe subito il nome dell’incauto che ha chiamato alla Stasi, il Servizio Segreto di Stato che tutela la sicurezza e la felicità dei cittadini della DDR.”


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