Prestito linguistico: parole in viaggio tra le lingue

Negli ultimi anni termini inglesi come “meeting” o “week-end” circondano le nostre vite e tolgono spazio a parole italiane che i più conservatori difendono strenuamente. Ma perché sta accadendo?  

 

Il fatto che due lingue a stretto contatto si influenzino a vicenda è un dato puramente naturale ed influenzato da aspetti politici e culturali. I linguisti chiamano questo fenomeno “prestito” e può avvenire per due ragioni: quando nella lingua ricevente non esiste una parola che esprima un nuovo concetto -la parola “computer”- oppure nel caso in cui un’altra lingua sia percepita come più prestigiosa.

Poiché il linguaggio è percepito come il diretto riflesso di una cultura, da una società prestigiosa deriva una lingua apparentemente più elegante. I parlanti scelgono di utilizzarla come un inconscio o volontario tentativo di avvicinarsi a quella società che ritengono migliore ed elevarsi nei confronti degli interlocutori che utilizzano solo la lingua natia.

La parola viene trasportata nella nuova lingua con il suo significato ed è facilmente riconoscibile dai parlanti come esterna alla lingua. Ma con il passare del tempo, se il prestito sopravvive, il processo di acclimatamento può renderla indistinguibile da una parola natia. La parola italiana “bistecca” deriva dall’inglese “beef-steak”, ma da una generazione all’altra il suono e la grafia si sono adattate a quelli italiani – dalla grafia /ea/ al corrispondente italiano /i/- perdendo il riferimento specifico alla carne di manzo. Altre parole hanno avuto una genesi simile, come “sceriffo” dall’arabo e “computer” dall’inglese –meno acclimatato perché più recente, ma si può notare la pronuncia fortemente italianizzata del suono /er/-.

Il prestito è un fenomeno mutevole nel tempo poiché la lingua “migliore” non è la stessa di epoca in epoca. Il latino fu il primo a divenire la lingua della cultura per eccellenza; sostituito poi dal francese e oggi dall’inglese. Anche l’italiano ha avuto il suo spazio nell’alta società: la nostra terra ricca di arte e letteratura era una meta prediletta dei nobili e sapere l’italiano conferiva una certa aura di eccellenza culturale.  

Imitando l’alta società, anche la gente comune ha imparato ad utilizzare le parole straniere, e ci appare molto evidente ogni giorno. Ma forse, finché ogni lingua rappresenterà un aspetto diverso della cultura mondiale, non abbiamo motivo di temere per la scomparsa della nostra lingua, perché ognuna è un pezzo unico ed essenziale.

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