E se fosse Milano la vera protagonista de I Promessi Sposi?

E se fosse Milano la vera protagonista de I Promessi Sposi?

Questa è la domanda che mi sono posto quando ho scritto la mia tesi.

Il frontespizio dell’opera è molto chiaro: “Storia milanese (non lombarda) del XVII secolo”.

Milano è ovunque: vi abitano il cardinal Federico, il conte zio, don Ferrante e donna Prassede, vi nasce la monaca di Monza e vi accadono eventi fondamentali come l’assalto ai forni e la peste del 1630.

Ma com’è cambiata Milano dal romanzo ad oggi?

Prendiamo in esame il paesaggio urbano che Renzo Tramaglino vide coi suoi occhi, avvalendoci di lui come guida. Renzo, spinto dall’istinto e dalla curiosità, percorse due veri e propri itinerari.

Egli si recò per la prima volta in città per consegnare la lettera di padre Cristoforo al padre Bonaventura, al convento dei Cappuccini. Il suo percorso ci risulta abbastanza chiaro: da porta Venezia, percorse l’omonimo corso fino a giungere al convento; incuriosito dal tumulto, decise di seguire la folla, arrivò in corso Vittorio Emanuele II, in piazza Duomo, in piazza dei Mercanti e in Cordusio.

 

 

Il secondo viaggio ebbe come scopo la ricerca di Lucia. Una volta giunto a porta Nuova, proseguì lungo l’omonimo corso, voltò a destra in Via della Moscova e poi a sinistra, in via San Marco, fino a giungere in piazza San Marco; dopo aver passato il ponte Marcellino (oggi non più esistente), percorse Via Borgonuovo, Via Manzoni, Via Bigli, Via Verri, Via Monte Napoleone, Via del Gesù e, dopo essere salito sul carro dei monatti, giunse al lazzaretto (anch’esso non più esistente).

 

La Milano seicentesca (e narrata dal Manzoni) era terra di conquista spagnola. L’egemonia spagnola trasformò la città in una vera e propria base militare. La centralità del Castello Sforzesco era evidente, sia per la sua funzione militare, sia per la sua mole, come si può vedere in questa rappresentazione di Matthäus Merian, del 1640:

E’ una città dominata dalle costruzioni religiose, rari sono i palazzi dei signori e non significative le abitazioni del popolo. E’ luogo di acque, imbarcazioni, di ponti e di spazi coperti a piedi, con un duomo decentrato (S. Eustorgio), bordelli vicini al luogo delle esecuzioni pubbliche e il cuore dell’economia che pulsava in Piazza dei Mercanti. E’ una città cupa, colpita dalla carestia, poi dalla peste; è luogo di fame e di dolore, che enfatizza il paesaggio limitrofo, anch’esso caratterizzato da eventi nefasti: soprusi di signorotti locali, calata dei lanzichenecchi, lotta stremante per la sopravvivenza.

La stesura de I Promessi Sposi fu accompagnata da un’accurata documentazione su fonti d’epoca, sì che Manzoni fu in grado di ricostruire fedelmente l’ambiente (fisico e sociale) nel quale si sviluppano le avventure di Renzo e degli altri personaggi. A dimostrazione di questo, riporto un biglietto inviato dal Manzoni a Gaetano Cattaneo, suo carissimo amico, pittore e incisore di monete, che gli fu di grande aiuto nella ricerca di informazioni e libri:

 

A Gaetano Cattaneo – Milano

… Visconti m’ha riportata la tua graziosa domanda se m’abbisognassero libri ancora; questo mi fa coraggio a domandarti se alla grande Biblioteca si trovano le Gride dal 1626 al 33, che mancano nel Gridario che hai avuto la compiacenza di mandarmi. (…)

Se mai avessi sotto gli occhi qualche libro della prima metà del secolo decimosettimo, stampato in Milano, e che possa dare notizie sui fatti, sui costumi ecc. di quell’epoca, mi faresti un regalo a prestarmelo. Gradisci i complimenti della mia famiglia, e conservami la tua amicizia.

Il tuo M.

 

La più importante fonte storica per i capitoli sulla peste e su Milano fu il cronista e storico milanese Giuseppe Ripamonti. Manzoni fece buon uso delle sue cronache anche per descrivere singoli edifici. In questa immagine sono messe a confronto la descrizione del Lazzaretto del Ripamonti e quella del Manzoni:

 

Esistono luoghi presenti nel romanzo che sono privi di una descrizione tale da poter permettere di operare dei confronti e vedere come sono cambiati nel corso degli anni; tuttavia, penso sia importante dare qualche informazione su di essi:

 

Il Forno delle grucce: il prestino era situato all’incirca tra le attuali via Santa Radegonda e Agnello. Via Santa Radegonda deve il suo nome ad un antico monastero di monache canterine, soppresso a fine Settecento per permettere di accedere al Teatro alla Scala. Nel romanzo, è il luogo dove avviene il famoso “assalto al forno”.

 

La casa del vicario: essa era situata dove oggi vi è il civico 7/9 di via Santa Maria Segreta, angolo via Meravigli.

 

Il Castello Sforzesco: è solo accennato dal Manzoni, in occasione degli assalti ai forni: “I magistrati ch’ebbero primi l’avviso di quel che accadeva, spediron subito a chieder soccorso al comandante del castello, che allora si diceva di porta Giovia; il quale mandò alcuni soldati”

 

L’osteria della Luna Piena: ci sono parecchi dubbi invece per quanto riguarda l’esatta posizione in cui si trovava questa osteria. C’è chi sostiene che si tratti di Via Rovello, altri sostengono Via san Tommaso; ma la più attendibile sembra essere Via Armorari, dietro l’attuale piazza Cordusio.

 

Il Palazzo di Giustizia: è l’edificio verso il quale si dirige l’oste dell’osteria della Luna Piena per denunciare Renzo. Oggi ospita la Polizia urbana ed è situato in piazza Fontana.

 

La casa di don Ferrante: dopo aver camminato lungo Via Monte Napoleone, Renzo giunge alla casa di don Ferrante, situata in Via del Gesù (l’antico Borgo del Gesù). Proprio in questa strada Renzo viene scambiato da una donna per un untore.

 

Il cimitero di San Gregorio: viene nominato da padre felice durante la sua predica. Si trovava alle spalle del Lazzaretto e fu demolito nel 1883.

 

Nel prossimo articolo prenderò invece in esame i luoghi della città più descritti nel romanzo (Corso di Porta Orientale, via Borghetto, Corsia de’ Servi) e che quindi è stato possibile confrontare meglio con quelli dei giorni nostri.

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