Do you want a cup of Europe?

Chi per studio o per piacere ha avuto modo di documentarsi su qualche evento della storia britannica, sa che “glorioso isolazionismo” è una delle espressioni storiche meglio riuscite per descrivere i rapporti tra l’ex potenza imperiale e il vicino continente europeo.

A fare da eco a quell’isolazionismo storico è oggi certamente l’opzione Brexit. Si tratta della contrazione dell’espressione “Britain Exit” ovvero la possibilità di uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e dai trattati finora stipulati. Una decisione che spetterà in ultima istanza ai cittadini di Sua Maestà, chiamati il 23 giugno prossimo a un referendum storico che non ha precedenti nella storia dell’Europa. Il Regno Unito siede oggi al tavolo dell’Unione Europea, ma si riserva alcune opzioni di rinuncia (opt-out) che già in passato ha fatto valere: ad esempio la non adesione a Schengen e all’unione monetaria.

Immagine inserita dal revisore

Tra le personalità più note che appoggiano Brexit ci sono il leader dell’UKIP Nigel Farage e l’ex sindaco di Londra Boris Johnson, il quale si è reso protagonista di alcune “furiose” dichiarazioni che non sono certo passate inosservate – come quella in cui ha sostenuto che l’Unione Europa persegua lo stesso obbiettivo di Hitler, ovvero “quello di unificare l’Europa sotto un’unica autorità“.

Immagine inserita dal revisore

Alla campagna pro Brexit (“Vote Leave” – vota per lasciare), fa da controparte la campagna “Britain Stronger in Europe”, appoggiata dal partito laburista, dal partito nazionale scozzese, dal Galles e dai liberal-democratici. I confini tra i due gruppi non seguono tuttavia la nota dicotomia tra conservatori e laburisti: un conservatore come il premier David Cameron si è schierato per la permanenza del Regno Unito nella UE, anche se la sua posizione è stata da molti interpretata come ambigua.

La pressione politica esterna è notevole e anche organizzazioni come il FMI e l’OCSE hanno espresso preoccupazione in caso di vittoria del “leave”. I temi più “caldi” sono quelli del futuro posizionamento economico dell’isola, per non parlare della gestione delle politiche di sicurezza e di immigrazione, a fronte anche dell’attuale crisi presente in Europa. La parola va al referendum del 23 giugno, nella speranza di una Londra ancora europea.

CREDITI

Copertina

1Immagine

2Immagine

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.