La caduta dello scienziato

Perché oggi è così difficile parlare di vaccini e vaccinazioni? La domanda apre un’interessante prospettiva non soltanto sul piano medico, ma anche sul piano epistemologico e sociale: a cambiare è di fatti il modo con cui l’immaginario collettivo pensa la scienza e lo scienziato.

Prendendo a prestito un’espressione del filosofo Paul Fayerabend, si può dire che nella nostra epoca valga un principio di “anarchismo epistemologico”: non esiste più una pratica discorsiva privilegiata e autorevole (sia essa la scienza, la filosofia, la letteratura e così via), ma ogni discorso sta sullo stesso piano di un altro.

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Quando uno specialista esce dalla propria comunità per fare divulgazione, le sue parole non vengono più valutate come informazioni valide per un pubblico non specialistico, bensì inserite in una logica da talk show, una pura forma di spettacolo, dove non è importante il contenuto ma l’indice di ascolto, il contrasto, il clamore delle opinioni. Ogni distinzione sociale e intellettuale tra scienziato e semplice opinionista viene meno.

E dal momento che lo specialista è abituato a controbattere all’interno di una comunità che condivide pratiche discorsive, procedure e valori che permettono a tutti i partecipanti di “intendersi”, diventa totalmente alienante avere a che fare con personaggi che non stanno a questo “gioco”, ovvero che non seguono le regole di quel “gioco” altamente strutturato e rigoroso che è il discorso scientifico. Come può un esperto immunologo controbattere alla madre che sostiene che i vaccini non servano, perché i bambini si fanno da sé gli anticorpi giocando per terra?

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A dettare legge è questa cattiva dialettica che non cerca una sintesi (fornire un’informazione rigorosa e giocata su diverse posizioni critiche), ma soltanto il contrasto: a farne le spese è solitamente il medico, l’ospite più intellettuale, lo specialista, dal momento che il pubblico segue chi sa meglio giocare emotivamente con le proprie opinioni, dotandole spesso di una patetica drammaticità.

Facciamo fatica a parlare di vaccini e accusiamo il medico di consigliare male i propri pazienti: è il prezzo dell’anarchismo epistemologico, di quel sapere tutto contemporaneo in cui ogni cosa si mantiene nella sua forma più liquida, scorrevole, senza criteri se non la voce di chi sa gridare meglio e sopra gli altri.

Credits: copertina, im1, im2

 

 

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