Tassi d’interesse. È tutta questione di prospettiva

I telegiornali parlano quotidianamente di tassi d’interesse, spread, inflazione, politiche monetarie e così via. Le testate giornalistiche ci bombardano di titoli in stile: “La BCE azzera tutti i tassi: clamorosa mossa di Draghi”. “BCE, Draghi: Lasceremo i tassi di interesse fermi a lungo“. O ancora: “I mercati non sono preparati al rialzo dei tassi USA”. Un tiro alla fune. Tassi d’interesse su, tassi di interesse giù.

E chi legge, nella maggioranza dei casi – esperti in materia esclusi – ci capisce poco o addirittura niente, talmente sembrano argomenti fumosi e discrezionali, legati a dinamiche distanti anni luce dall’umana comprensione. In realtà è tutta matematica: le decisioni che riguardano l’economia reale – dei beni di consumo, per intenderci – e finanziaria, sono dettate da equazioni, le cui variabili (consumo, investimento, spesa pubblica, tassazione, reddito, quantità di moneta, tasso d’interesse, etc.) sono strettamente vincolate da relazioni di dipendenza e correlazione positiva o negativa. Ad esempio: all’aumentare del reddito, aumentano di conseguenza la domanda di moneta e il tasso d’interesse. Oppure: all’aumentare del tasso d’interesse diminuiscono gli investimenti. E via dicendo. Tutto ruota intorno all’obiettivo del mantenimento di una condizione di equilibrio, non solo all’interno di ogni singolo mercato (reale e finanziario), ma anche tra i due mercati allo stesso tempo. Ogni mercato ha la sua equazione e il punto d’equilibrio complessivo origina dalla soluzione del sistema composto dalle due equazioni – a volte le reminiscenze di matematica tornano utili. Da qui non si scappa.

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In questo gioco matematico d’equilibri, l’attore principale è la Banca Centrale Europea (BCE), che nell’Eurosistema deve assolvere l’oneroso compito di mantenere – o almeno tentare di farlo – la stabilità dei prezzi nel medio-lungo periodo. Per fare ciò la BCE influisce sulle condizioni del mercato monetario e, quindi, sui tassi d’interesse a breve termine, ponendo in essere operazioni di acquisto o vendita di titoli finalizzati rispettivamente a immettere o drenare la liquidità del sistema bancario. In via generale la formula magica – se esistesse – prevedrebbe che in un contesto economico forte le banche centrali aumentassero i tassi d’interesse, realizzando politiche monetarie cosiddette restrittive, mentre in situazioni di crisi li diminuissero, abbracciando politiche monetarie, viceversa, espansive. Oggi ricadiamo in questo secondo caso: la BCE sta adottando una politica monetaria espansiva caratterizzata dall’appiattimento dei tassi d’interesse su valori prossimi allo zero.

Allora se è tutto così “semplice” e predeterminato, per quale ragione si aprono costantemente agguerriti dibattiti in cui nessuno è mai in totale accordo con gli altri? Una spiegazione risiede senz’altro nella natura di “bastian contrario” di molti politici ed economisti, ma trascendendo da considerazioni frivole e vagamente polemiche, la vera spiegazione è che tutto dipende dalla prospettiva dell’analisi.

Nell’ambito del disegno della politica monetaria si pongono, infatti, due differenti prospettive: la prospettiva del banchiere centrale, Draghi e la prospettiva del politico di turno – che nel nostro caso potrebbe essere il Ministro delle Finanze tedesco Schauble di cui si è parlato negli ultimi tempi. Draghi dal canto suo è principalmente preoccupato della stabilità dei prezzi. L’aumento del rischio di inflazione –  vale a dire l’aumento progressivo del livello medio generale dei prezzi, alias la diminuzione progressiva del nostro potere di acquisto – porterebbe (sempre sulla base delle equazioni di cui s’è detto in precedenza) ad un aumento dei tassi d’interesse nel lungo periodo e quindi al crollo degli investimenti – effetto esattamente opposto a quanto un taglio dei tassi viceversa si prefigge. Schauble, invece, vede la riduzione dei tassi d’interesse come un vero e proprio attacco ai risparmiatori tedeschi che hanno scelto di mettere da parte il loro sudato denaro in conti di risparmio e deposito.

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La prima, una prospettiva di lungo termine focalizzata sull’Europa. La seconda, una prospettiva di breve termineche definirei frettolosa ed impaziente – di forte impronta nazionalistica.

Esistono equazioni, ma non formule magiche – appunto – perché nella dinamica generale tutto si complica se si considerano altri fattori, quali ad esempio i ritardi di trasmissione della politica monetaria, il gioco delle aspettative degli investitori e gli effetti sulle politiche fiscali e strutturali.

Le decisioni in merito a quando ridurre i tassi, quanto rapidamente e in che misura, dovrebbero essere condotte con cautela e sulla base degli andamenti economici attuali e attesi, considerando sia il breve che il medio-lungo periodo, magari con un diverso coefficiente di ponderazione. Altrimenti sarebbe come assumere antibiotici al primo fastidio a deglutire, dando per scontato che si tratti di un’infezione batterica, rischiando così non solo di annullare l’efficacia del medicamento, ma di indebolire il corpo di fronte ad eventuali reali infezioni future.

“La lontananza rimpicciolisce gli oggetti all’occhio, li ingrandisce al pensiero.

Arthur Schopenhauer

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