Bottomless Pit: un album che “ustiona”

E’ il 2010 quando Stefan Burnett, Zach Hill ed Andy Morrin danno vita ad uno tra i progetti musicali più rivoluzionari degli utlimi anni.

I Death Grips sono un gruppo che, sin dall’uscita del primo EPExmilitary“, si fa conoscere come potente innovatore all’interno della scena hip hop, mutando alla radice la natura del genere, mescolano la batteria caotica di Zack assieme ai sintetizzatori di Morrin, per poi aggiungere le urla e gli spasmi della voce calda di Burnett, conosciuto anche come McRide. Death Grips è divenuto così, col passare del tempo, sinonimo di potenza e sperimentazione.

Dalla nascita del progetto sono passati quasi sei anni e lo scorso Maggio è stato rilasciato il loro sesto e – per il momento – ultimo album: Bottomless Pit.

Bottomless Pit rivendica e conferma nuovamente tutto il potenziale del gruppo. Perfezionando il lavoro dei precedenti album, questa ultima release permette di vivere una vera e propria esperienza musicale durante l’ascolto: accenti ritmici elettronici che si mescolano a singhiozzi con una batteria prepotente in puro stile grindcore, melodie agghiaccianti ed aggressive dai tratti quasi fastidiosi, cenni di una chitarra portata a distorsioni esagerate, riverberi e fischi che raggiungono picchi di noise. Canzoni incise con uno stile aggressivo che si alternano a tracce dal ritmo lento e più melodico, rendono l’album versatile. A completare il lavoro sono infine i testi di Burnett, cantante del gruppo, il quale in maniera esplicita si esprime in versi frammentati, dal tono polemico ed aggressivo.

In “Hot Head”, seconda traccia dell’album, ci viene spiegato chiaramente: nessun filtro per i Death Grips, nessun freno. Bottomless Pit è un attacco diretto, caotico e volgare contro la società. Sembra far quasi rivivere l’ormai obsoleto spirito punk in un’ottica tutta nuova, contemporanea: è l’era di internet che, esplosa, ci ha investiti tutti. In “Trash” Burnett ci dice con puro animo nichilista che ormai tutto ciò che carichiamo e scarichiamo dal web è diventato spazzatura, persino egli stesso ormai non è niente più che immondizia. Il cantante ne è convinto: il mondo non può essere che un contenitore per lo sporco. La stanchezza che il ventunesimo secolo provoca è costante e, con una incredibile autoironia, Stefan Burnett si inserisce in questa disgustosa voragine postmoderna.

Death Grips sono la prova che la musica nel 2016 è ancora in grado di offrirci un prodotto profondo e complesso, capace di superare i propri limiti. Orgoglioso di mostrarsi in costante mutamento, il trio si migliora ad ogni nuova release e Bottomless Pit può essere davvero considerato un album che si avvicina alla perfezione.

Essential tracks: Giving bad people good ideas / Bottomless Pit / 80808


 

copertina

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