Dietro una fotografia c’è di più: intervista a Graziano Perotti

Dietro una fotografia c’è di più e a confermarcelo è Graziano Perotti, esperto nel settore, che attualmente lavora per TravelGlobe.

Come sei entrato a far parte del mondo della fotografia?

Sono figlio di un ferroviere e di una casalinga, non ho mai avuto nessun contatto con questo favoloso e allo stesso tempo enigmatico mondo. Partito quindi da zero, ho iniziato come foto amatore a frequentare circoli fotografici, fino ad arrivare a contattare foto editori presentando loro vari reportage.

Cos’è la fotografia per te? Può essere un mezzo di emancipazione e di denuncia per situazioni di soggiogamento?

Certo. Io mi occupo sia di reportage turistici e culturali sia di temi più “forti”. Ritraggo la sofferenza, la paura, la discriminazione, ma anche la gioia, la spensieratezza e la semplicità.

I tuoi reportage spesso sono all’estero. Perché? I tuoi viaggi sono autofinanziati? 

Alcuni sono autofinanziati, altri sono viaggi stampa, altri ancora sono lavori da inviato. Viaggio spesso all’estero perché così facendo colgo sfumature che non riuscirei a cogliere limitandomi a stare in Italia. Voglio riuscire, attraverso le mie fotografie, a rappresentare il mondo, senza modifiche, senza bugie.

Parlami dei tuoi ultimi reportage

I miei ultimi reportage sono stati fatti in Palestina e in Giordania.

Il reportage svolto in Palestina racconta situazioni che vedono bambini palestinesi con istruzione negata. Attraverso questo lavoro racconto anche delle difficoltà che le ONLUS, soprattutto “vento di terra” con la quale ho avuto modo di collaborare, incontrano in questi luoghi, dove ad esempio le scuole sono rase al suolo da israeliani.

Il secondo reportage l’ho intitolato Muri e raccoglie lavori che hanno come tema la contrapposizione tra il muro del pianto a Gerusalemme e il muro lungo 700 km costruito nei territori occupati.

Il terzo reportage In fuga da Homs racconta la vita di tante persone fuggite da Homs, la città più martoriata della Siria. Famiglie con componenti sotto tortura nelle spregevoli carceri di Assad. Questo reportage è stato svolto in collaborazione con l’operatrice umanitaria Mari Dell’Hour e una psicologa siriana fuggita anche lei da Homs e con un figlio nelle carceri disumane.

Consiglieresti a un ragazzo di intraprendere la carriera fotografica?

Entrare nel mondo della fotografia è difficile. Non basta più fotografare e limitarsi a ritrarre luoghi o persone. L’obiettivo è quello di riuscire a ritrarre particolarità, essere capaci di presentare reportage originali e meditati. Comunque certo, auguro a ogni ragazzo di riuscire ad esaudire i propri desideri, quindi se il sogno nel cassetto è quello di diventare fotografo, ben venga. L’unica cosa che sento di consigliare è di prepararsi a una carriera lavorativa impegnativa e complessa. Arriveranno molte soddisfazioni, con annesse responsabilità, sacrifici, e talvolta rischi.

Ringraziamo Graziano Perotti per la disponibilità e gli auguriamo un buon proseguimento.


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