Il giardino dei ciliegi

Il giardino dei ciliegi è un’opera teatrale in quattro atti, ultima pièce per il palcoscenico dell’autore russo Anton Čechov. La sua prima rappesentazione si tenne il 17 genaio 1904 presso il Teatro d’Arte di Mosca, con la direzione di Kostantin Sergeevič Stanislavskij e di Vladimir Nemirovič-Dančenko. Lo stesso autore, che aveva intenzione di attribuire a tale dramma il carattere di commedia, vide invece la propria opera interpretata in chiave tragica: ne scaturì una duplice natura, che pose in evidenza l’alternarsi vivido di battute piccanti, facezie e momenti di intenso dolore.

Per l’appunto, in questo efficace contrapporsi di tinte e stati d’animo si coglie il senso complessivo del dramma, che ha per protagonista una figura femminile dal carattere altrettanto instabile: l’aristocratica Ljubov’ Andreevna Ranevskaja . La donna, dopo aver scialacquato tutti i suoi beni, si vede costretta a scontrarsi con una situazione tanto a lungo procrastinata: il fallimento del proprio modo di vivere, nel quale sono comprese non solo le proprie esperienze, ma anche tutte quelle tradizioni e certezze che per decenni hanno connotato la sua famiglia. Simbolo del benessere aristocratico è la grande villa in cui Ljuba e tutti i suoi cari risiedono, a cui è annesso un grandissimo giardino ricco di alberi di ciliegio. Al ritorno da un viaggio in Francia Ljuba deve prendere una decisione: vendere all’asta il proprio terreno o lottizzarlo per ricavarne il denaro necessario alla risoluzione delle numerose obbligazioni economiche, e dunque abbattere tutti i ciliegi. Così come la sorte del giardino appare ormai inevitabile, anche quella della famiglia, annientata dai debiti e dalle amare circostanze della vita, è ormai segnata dall’avvento di una nuova era. Avventandosi contro i fusti degli alberi esposti alle intemperie del tempo, la cupa scure dell’ineluttabilità si incarna nella persona di Ermolaj Alekseevič Lopachin, discendente dei servi della famiglia, arricchitosi facendo del mercato la propria arte. Dopo anni di sofferenze e vessazioni l’uomo può finalmente riscattarsi. Tale elemento assume nel testo un’importanza fondamentale, soprattutto se inserito nel contesto storico in cui fu scritta l’opera: il provvedimento dello zar Alessandro II, con cui nel 1861 fu abolita la servitù della gleba, condusse l’intero sistema sociale russo ad un periodo di rivoluzione e di scontro tra ideologie opposte. Nel libretto dell’opera appare infatti anche il vecchio servitore Firs, che rimane legato alla famiglia fino a quando la proprietà viene venduta all’asta allo stesso Lopachin. L’anziano, abbandonato nella casa dopo la partenza di tutti gli altri, incarna l’ideale retrogrado di una classe ancora legata a strutture che non sanno adattarsi alla corsa dei tempi.

Čechov fu in grado di rendere in modo magistrale l’attrito tra due realtà che portarono obbligatoriamente al soffocamento di un modello di vita ormai arretrato. Questo processo produsse effetti irreversibili, penetrando massicciamente nella quotidianità della popolazione. L’autore russo concentrò in Ljuba le caratteristiche di una classe sociale statica, tutt’altro che intraprendente e soprattutto ancora fiduciosa in una provvidenza non inesistente, ma ingannatrice. In antitesi viene portato l’esempio di Lopachin, personaggio consapevole della propria condizione e proprio per questo diretto. Il solco degli avi si richiude come una ferita, guarita dall’azione del male che l’ha provocata.


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