A portata di click: Intervista a Sei Tutto L’Indie di cui ho Bisogno

Il web è un posto fantastico. Non siamo di sicuro i primi a dirlo e, certamente, anche voi ve ne sarete accorti. Basta un computer ed una connessione decente ad Internet  -sulla seconda, però, non ne siamo sicurissimi- per entrare in un mondo meraviglioso, dove tutto quello che ci interessa è a portata di click.

Tutto, ma proprio tutto quello che vogliamo sapere, vedere, conoscere e ascoltare è alla nostra portata tramite moltissimi mezzi messi a disposizione sul web; uno di questi è sicuramente Facebook che, nel tempo, da mero strumento utilizzato per mantenere i contatti tra amici, spesso sparpagliati per il mondo, si è evoluto in una piattaforma perfetta per lanciare i propri prodotti e sviluppare delle idee originali. Una di queste è la pagina Sei Tutto L’Indie di cui ho Bisogno, la “più ridente community sulla musica indipendente (e indie) italiana”, come amano definirsi Gian Marco e Giuseppe, gli admin della stessa.

Li abbiamo contattati per fare due chiacchiere su un fenomeno che sta esplodendo in maniera dirompente e che, forse, potrà cambiare il corso della musica in Italia.

Ciao, ragazzi. Innanzitutto come e quando è nata questa pagina?

Management del Dolore Post-Operatorio

Ciao! La pagina è nata nell’ottobre del 2013 quando noi due attuali admin, Gian Marco e Giuseppe, ci siamo ritrovati ad essere coinquilini con la stessa passione per la musica. Una sera, mentre giocavamo a PES 2010, mentre parlavamo della possibile apertura di una pagina dedicata alla musica indie italiana, Gian Marco esclamò “Sei tutto l’indie di cui ho bisogno” (riferimento ai Management del Dolore Post-Operatorio e al loro pezzo Pornobisogno ndr)

Quella fu la scintilla che ci spinse ad aprire la pagina, già l’indomani, con l’obiettivo di condividere il nostro approccio alla musica e la nostra passione.

Siete cresciuti moltissimo da quando avete iniziato e ora raggiungete più di 20mila “mi piace” sulla pagina Facebook. Cosa credete vi abbia fatto raggiungere un tale traguardo, così rapidamente?

Innazitutto bisogna dire che questo successo è totalmente insperato. Sei Tutto l’Indie di cui ho bisogno è nata per scherzo, senza alcuna velleità; con il solo scopo di condividere e confrontarci sulla musica italiana che non viene molto presa in considerazione da Tv, radio e simili. Probabilmente abbiamo ottenuto molto di più di quello che ci aspettavamo per via della maniacalità con la quale gestivamo i format e i contatti con chiunque gravitasse attorno alla pagina, sia esso un fan, un artista o un addetto ai lavori nel campo musicale; il tutto senza alcuna discriminazione dettata dalla grandezza di chi ci trovassimo di fronte.

Parlando di format: quali sono quelli che attualmente curate all’interno della pagina?

I format sono una costante della nostra pagina e ne curiamo molti, anche grazie all’aiuto di terzi. Tra quelli che attualmente curiamo ci sono “Scatto col Vip Indie”, che consiste nello scattare una foto con un rappresentante della scena musicale indipendente; abbiamo poi due format dedicati alla condivisione di  materiale musicale: “Teneteli d’orecchio” con la quale segnaliamo delle produzioni scovate, anche per caso, e che riteniamo meritevoli. Possiamo, con orgoglio, dire che ad alcuni ha portato anche una discreta fortuna e svariati ascolti; e poi “L’Indie che emerge”, un format con il quale diamo risalto a delle produzioni che i fan ci inviano e che riteniamo particolarmente interessanti. Tra gli altri format abbiamo anche “#Socialindiex” con il quale riportiamo l’attività online degli artisti,  “Indiecami la cover” e “Influenze Indie”.

Cosa significa per voi “indie”? E’ una questione di genere o di attitudine?

Per quanto ci riguarda il genere conta relativamente, nonostante ci sia una predisposizione alla sperimentazione e una libertà artistica maggiore rispetto agli artisti sotto major discografiche; nonostante esistano delle eccezioni, come ad esempio i Verdena (prodotti da BlackOut, costola dell’Universal). Inoltre, anche il cantautorato è una componente fondamentale di questa attitudine, come anche i temi trattati nelle canzoni, che si discostano da quelli che si è soliti sentire sui canali tradizionali. Perciò chiamarlo genere non è del tutto corretto, è più una predisposizione all’innovazione, alla sperimentazione sia dell’artista che anche dell’ascoltatore che cerca qualcosa di innovativo anche attraverso il web e i concerti, molto spesso ostracizzati da alcune istituzioni locali ultra-conservatrici.

Come mai c’è così tanto ostracismo nei confronti dell’Indie? Può essere che passi come uno stile pretenzioso, snob o itellettualoide?

Edoardo D’Erme, a.k.a. Calcutta

Secondo noi il massimo ostracismo è dovuto dai grandi canali di diffusione musicale, partendo dalle stesse major per arrivare alla tv, alla radio e ai talent, che vogliono farlo passare come un genere sfigato, troppo impegnativo da ascoltare, a dispetto della classica canzone pop, e quindi non commerciabile. Certe volte ci chiediamo se artisti come Dalla, Battiato e De Andrè stessero cercando di emergere in questo contesto, andrebbero avanti o rimarrebbero un prodotto di nicchia per sempre? Tuttavia a questo ostracismo bisogna aggiungere anche le colpe che la musica indie porta con sé, ovvero l’incapacità di promuoversi come genere coeso contro lo strapotere delle major, dato anche da chi si sente arrivato nonostante i numeri ancora irrisori in confronto agli artisti mainstream e che preferisce crogiolarsi e chiudersi nella propria autoreferenzialità, senza capire che c’è un mondo là fuori da conquistare. Senza tralasciare le produzioni mal gestite di artisti che cantano in lingue straniere e che trovano una poco adeguata promozione all’estero e, per finire, un aspetto tipico italiano, ovvero le invidie e le guerre tra poveri: sterili e controproducenti.

Sei Tutto l’Indie di cui ho Bisogno nasce anche per contrastare questa piaga. Bisogna essere uniti sia come ascoltatori che come artisti, noi in primis cerchiamo di condividere musica ed artisti che meritano, ma anche gli addetti ai lavori devono cercare di promuoversi e citarsi l’un altro. Il passaparola ora, come ora, è l’unica alternativa allo strapotere economico delle major. Ci viene in mente l’esempio di Edoardo D’Erme, a.k.a. Calcutta, uno che può sfondare per davvero, ma che fino a poco fa suonava in locali minuscoli e che, senza nascondersi, produce “Mainstream” come se fosse l’ultimo disco di Vasco Rossi. Riconoscimenti a raffica e un tour in supporto de I Cani. Un miracolo, “come il Frosinone in Serie A

Una band o artista italiano e uno straniero (rigorasamente indie) che vi hanno cambiato la vita.

Giuseppe: Nirvana. Per un periodo erano qualcosa che andava oltre la musica. Di italiano Le Luci Della Centrale Elettrica, che mi fecero capire che c’era un mondo da scoprire anche in Italia.

Gian Marco: Green Day perché hanno fatto parte della mia adolescenza e Dente con il suo album “Non c’è due senza te”. Fondamentale.

Ci consigliate qualche artista da tenere d’occhio?

Ce ne sarebbero veramente molti, ma tra quelli che più ci hanno colpito ci sono di sicuro: Motta, fresco di primo disco; La Ragazzina dai Capelli Rossi e il loro electro-pop nevrotico; Di Oach , Senhal, Voina Hen, Urali e Birthh. Questi sono quelli che più ci hanno colpito, senza tener conto di generi, etichette e nomea.

Finisce qui la nostra chiacchierata con Sei Tutto L’Indie di cui ho bisogno, che potete trovare a questo link su Facebook: https://m.facebook.com/indiecuihobisogno/.

Il web è un posto meraviglioso, ancora di più se si può essere parte attiva per la rinascita di un’industria  -quella musicale-, che ristagna da troppo tempo nella mediocrità.

Ricordate: è tutto alla portata di un click.

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