La guerra odierna a tremila metri: “Good Kill”

Settant’anni fa, la guerra si è combattuta faccia a faccia, a pochi metri di distanza tra soldati di fazioni opposte e senza esclusione di colpi. Col passare degli anni, si è venuti incontro alla necessità di limitare i rischi e le perdite umane, processo che nel 2010, durante il conflitto afghano, è culminato con l’ingresso in scena dei famigerati “droni” americani: velivoli leggeri e semi-autonomi, capaci di mantenere un’orbita stabile per decine di ore sopra un obiettivo, silenziosi e pazienti. Oltre ad essere lo strumento ideale per mantenere sotto controllo un’area o un bersaglio, sono rapidamente divenuti l’arma definitiva, lo strumento per lanciare attacchi aerei letali a distanza di sicurezza.
Il termine “Good Kill” (bel colpo) è divenuto la formula fondamentale per segnalare un obiettivo colpito o un bersaglio abbattuto. Questo, tra l’altro è il titolo del film che stiamo analizzando.

maxresdefaultNel 2010, il capitano Thomas Egan (Ethan Hawke), veterano pilota di caccia moderni, viene assegnato alla squadra di controllo dei droni MQ9-Reaper, utilizzati quotidianamente per sferrare attacchi devastanti a singole unità o gruppi interi di ribelli talebani. Il suo compito è entrare ogni giorno in una stazione fissa nell’aeroporto militare di Las Vegas, in cui, assieme ad altri tre compagni, prende il controllo remoto dei velivoli in sorvolo sulle valli dell’Afghanistan. Oltre ad assistere ad una interminabile mattanza di miliziani ostili sotto il “fuoco d’inferno”, spesso la squadra assiste impotente a scene di violenza commesse dai soldati sulle donne locali, senza poter intervenire a causa degli ordini ricevuti.
Il capitano Egan, oltre ad essere preda di nostalgie della guerra nei cieli, si trova costantemente sull’orlo del crollo psicologico a causa delle scioccanti esperienze che vive nella sala operativa; questo lo porta ad un progressivo allontanamento da sua moglie Molly e dai suoi figli, fino a renderlo instabile, alcolista e potenzialmente violento.
La situazione peggiora ulteriormente quando la CIA prende il controllo della squadra per condurre missioni “non ufficiali” (ossia non registrabili e totalmente non tracciabili) in zone abitate e persino in nazioni limitrofe come lo Yemen, violando di fatto la sovranità di quegli stati.
Le missioni si rivelano infine un’abile mossa dei servizi segreti per creare “terrorismo inverso”: oltre a bombardare gli obiettivi prestabiliti, l’agente della CIA noto come “Langley”, ordina di fare fuoco sui civili accorsi sul luogo dell’attacco, duplicando di fatto il numero di vittime e provocando una strage infinita di innocenti, compresi molti bambini.

L’esperienza del capitano è devastante: divenuto catatonico, abbandona lentamente il contatto con il mondo che lo circonda, mentre i suoi compagni si comportano come se il loro lavoro fosse di fatto un videogame.
L’intera pellicola è quasi del tutto priva di una colonna sonora, il che crea un’atmosfera di adrenalina costante e spinge lo spettatore a calarsi nei panni  del capitano stesso, dilaniandolo con le medesime feroci (e crudissime) immagini a cui devono assistere numerosi reduci ancora oggi.
Il tutto costellato da commenti ironici di Langley, come E’ triste non combattere ad armi pari, dopo aver chiamato un bombardamento su un gruppo di civili.
Good Kill è la denuncia definitiva degli orrori della guerra moderna, un conflitto che si trasforma in una strage programmata che inverte le parti e spiega in modo violento, diretto e veritiero una delle concause dell’ormai tristemente nota guerra Oriente-Occidente che caratterizza del nostre cronache da quindici anni. E’ un film da vedere tutto d’un fiato e su cui riflettere una volta usciti dal cinema o spenta la tv. Perché sentir parlare della guerra al telegiornale è facile, il difficile è dimenticare queste immagini.

Ieri, stavo volando su una casa nel Waziristan meridionale. Era notte, quando ho iniziato a volare sopra la loro casa, ma non avrebbero potuto vedermi anche se fosse stato giorno. Era la dimora di un comandante talebano. Lui non c’era. All’interno, la moglie e la famiglia stavano dormendo. Quando lui ha fatto ritorno intorno all’alba, la famiglia era ancora dentro, ma non ero sicuro di quando avrei avuto di nuovo questa opportunità, così ho fatto esplodere la casa lo stesso. E ho visto come i vicini hanno iniziato ad estrarre i corpi. Un altro dei miei compiti è la valutazione dei danni … che è il nostro modo di fare la conta dei morti. Che non è così facile come sembra, perché un sacco di volte i corpi sono fatti a pezzi. Ma questa volta sapevo per certo che erano sette. Ho guardato tutta la mattina come questi locali hanno ripulito il casino e messo a punto il funerale. A loro piace seppellire i loro morti entro 24 ore, che è una buona cosa per me, perché non ho un’autonomia di volo maggiore. Li ho guardati portare i corpi su per la collina al cimitero. Avevo ricevuto informazioni che il fratello del comandante talebano avrebbe partecipato al funerale. Così ho aspettato fino a quando erano tutti lì, in preghiera… e poi li ho fatti saltare tutti in aria. Questo è il mio lavoro.” -Thomas Egan alla moglie Molly


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