Ce l’hanno tolto, rubato: Gollum tra avidità e solitudine

Il mio cuore dice che Gollum ha ancora una parte da recitare, nel bene o nel male, prima che la storia finisca. La pietà di Bilbo può decidere il destino di molti.” Queste sono le parole che Gandalf rivolge a Frodo in un bel dialogo nelle miniere di Moria, parole ad altissimo contenuto profetico. Che Gollum avesse un ruolo ancora da giocare, per quanto pieno d’ombre e meschinità, risulterà poi lampante tra le fauci del Monte Fato, dove il suo contributo, suicida e violento, si rivela essenziale per la distruzione dell’anello. E pur tuttavia la sua storia è significativa per altre ragioni.image

Smeagol inizialmente era un hobbit come tanti, che celebrava il suo compleanno con un amico in riva al fiume. Eppure il male, in una giornata insospettabile, tendeva un agguato fatale, pronto a germinare nel cuore di Smeagol, troppo piccolo e semplice per non restare abbacinato dal potere dell’anello. Il tesoro. L’avidità è il primo suo peccato, un’avidità travolgente macchiata di sangue. Così, con un barbaro omicidio, l’anima di Smeagol si spezza in due, si frammenta: la mente si offusca e viene posseduta da disturbi psichiatrici per cui nella Terra di Mezzo ancora non esistevano cure. La schizofrenia, il disturbo borderline di personalità. Da quel momento comincia un declino lungo e terribile, segnato da una solitudine totale, che imbruttisce ancora di più l’anima di Smeagol-Gollum, fino a renderla una pezzuola sudicia e consunta. Un vuoto quindi che viene riempito dall’illusione del potere: dall’anello. Difficile credere che Andreotti abbia coniato uno dei suoi aforismi più famosi senza avere letto la storia di Gollum, che ne è plastica rappresentazione: il potere logora chi non ce l’ha. Perché infatti Gollum non ha alcun potere, lo brama, ne è attratto, ma non lo comprende e vive da illuso. L’anello usa Gollum, lo possiede: non il contrario. Così lentamente Gollum diviene mostruoso ed irredimibile: lo tiene in vita solo il fittizio legame con l’anello. Rimane spazio unicamente per una pietà salvifica che può venire dall’esterno. Frodo lo guarda con occhi diversi, come lo aveva guardato Bilbo prima, e tanto basta perché, per un istante, Smeagol riesca a cacciare via Gollum (“Vattene! E non tornare più“). Ma questo si rivela essere l’ultimo sprazzo di umanità, di “hobbità”, di Gollum, che poi, ormai condannato, viene inghiottito completamente dall’oscurità. Precipitare e fondere nel Monte Fato assieme all’unico “horcrux” s’impone come epilogo necessario.

Nessun lieto fine per Gollum, che ci mette in guardia sugli effetti traumatici della bramosia ma, ancor di più, della solitudine e dell’emarginazione. Ognuno è artefice del proprio destino, è vero, eppure uno sguardo di compassione a volte può salvare la storia del mondo.


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