Cosa hanno in comune Pessoa e Orazio?

Di Roberta Giuili

Carpe diem, altra cosa non sei

Alcuni, con gli occhi rivolti al passato,
vedono quello che non vedono; altri,
gli occhi fissi nel futuro, vedono
quello che non si può vedere.
Perché cercare tanto lontano ciò che ci sta vicino,
la nostra sicurezza? Questo è il giorno,
questa è l’ora, questo è il momento, questo
è ciò che siamo, e non v’è altro.
Senza sosta scorre l’interminabile ora
che proclama la nostra nullità. Con lo stesso
boccone col quale siamo vissuti, moriremo.
Carpe diem, altra cosa non sei.

Orazio, Carmina I, 11

Non chiederti, non è dato saperlo quale fine gli dei abbiano destinato a me, quale a te, o Leoconoe, e non tentare le cabale di Babilonia. É meglio affrontare il futuro senza porsi domande, sia che per volere di Giove abbiamo da vivere ancora molti inverni, sia che sia l’ultimo questo che ora fiacca il mare tirreno contro scogli contrapposti: sii assennata, nel versare il vino, e con la stessa saggezza ritaglia nello spazio (di tempo) breve della vita le tue lunghe speranze. Mentre parliamo, il tempo invido sarà già fuggito: afferra l’oggi, fidati il meno possibile del domani.

 

Fernando Antonio Nogueira Pessoa (Lisbona 13 Giugno 1888- 30 Novembre 1935) è stato un poeta e scrittore portoghese. Visse molta parte della sua giovinezza in Sudafrica dove apprese la lingua inglese, strumento importante nella sua futura esistenza letteraria e professionale. Viene considerato uno degli artefici del rinnovamento della letteratura portoghese del ventesimo secolo per il suo ruolo da tramite di elementi modernisti e avanguardisti. La maggior parte delle sue opere furono pubblicate postume, poiché egli in vita pubblicò solo pochi scritti sotto nome di autori immaginari: Pessoa concepiva la letteratura, per sè come tramite della propria poliedrica personalità, per la società come espressione delle maschere in cui si era frantumata la coscienza dell’individuo contemporaneo.

Quinto Orazio Flacco (Venosa 8 Dicembre 65 a.C. – Roma 27 Novembre 8 a.C.) è stato un poeta romano che partecipò nell’epoca augustea alla cerchia intellettuale raccoltasi attorno alla figura di Mecenate. La sua personalità letteraria è influenzata da una parte da un innato senso civile e politico, dall’altra dal freno delle dottrine epicuree di cui sono imbevute le sue opere. Nelle “Odi” si propone l’emulazione dei lirici greci, arricchita da temi augustei e dall’aspirazione epicurea ad una vita distaccata.

 

Nella poesia “Carpe diem”, Pessoa riprende in modo evidente e gridato la famosa chiusura dell’undicesima ode del primo libro della raccolta oraziana: “afferra l’oggi”. Il poeta portoghese parla di coloro che “vedono quello che non vedono” o che “vedono quello che non si può vedere”: gli uomini spesso, peccando di ubris, si innalzano con superbia intellettuale a sentenziare sul passato o sul futuro, entrambe due dimensioni non sperimentabili dall’uomo. Si può studiare il passato e tentare di utilizzarlo come metro di analisi del presente, si può sperare per il futuro comportandosi di conseguenza, ma non bisogna affidarsi all’uno o all’altro. L’unica certezza che abbiamo, l’unica dimensione a noi permessa, da noi modificabile come soggetti attivi e non passivi è il presente, l’oggi oraziano. La poesia del poeta augusteo non è immediatamente comprensibile nel suo significato più profondo: la ripetuta clausola del “carpe diem” va contestualizzata nell’orizzonte filosofico-esistenziale del poeta e dei suoi tempi. Leuconoe rappresenta iconicamente un’interlocutrice, alla quale viene rivolto il consiglio di essere assennata, e l’assennatezza sta nell’aurea mediocritas: nel versare il vino con moderazione e con la stessa moderazione nel “ritagliare le lunghe speranze nel breve spazio della vita”. L’esortazione di Orazio non è quindi al godimento indiscriminato di ogni momento con la giustificazione dell’incombenza della morte, ma alla capacità di raggiungere la pienezza collocandola in un tempo che, non essendo sotto il nostro controllo, può allungarsi o ridursi improvvisamente. Pessoa aggiunge un ulteriore elemento, “contro l’interminabile ora che proclama la nostra nullità”, dobbiamo essere felici di quello che abbiamo in mano, perché noi siamo come quello che possediamo, siamo l’oggi: carpe diem, altra cosa non sei.

 credits

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