La guerra invisibile sotto la sabbia

Chi sostiene che la lotta al terrorismo venga combattuta solo in Europa, non ha mai sentito parlare dei guerriglieri curdi che da anni difendono la Siria occidentale dall’avanzata dell’ormai famigerato Stato Islamico. Persone che dedicano la propria vita all’indipendenza del Kurdistan iracheno e siriano combattendo contro chi vorrebbe l’islamizzazione radicale di quei territori.
Una guerra invisibile, di cui i giornali parlano male e raramente, sottovalutando queste persone già al fronte in Medio Oriente ben prima di Assad e di Putin.

Il termine peshmerga, deriva dal curdo پێشمەرگە’, pīs mergah, che significa “colui che va incontro alla morte”, “martire”. Questi combattenti sono stati attivi fin dallo scontro Iran-Iraq e persino durante le due guerre del golfo, in cui aiutarono gli americani contro Saddam Hussein, salvando numerosi piloti precipitati nel loro territorio. Recentemente, con le guerre civili del Medio Oriente, sono venuti a scontrarsi anche con altri gruppi curdi, come il PPK turco, più radicale rispetto alle proprie controparti iracheno-siriane.

Attualmente, oltre ai nativi arabi, i peshmerga contano numerosissimi veterani dell’ultima guerra da ogni nazione, che hanno deciso di unirsi ai curdi per affrontare i jihadisti e impedirgli di invadere i territori in stato di anarchia. Di fatto, oggi sono gli unici a mantenere un fronte unito contro il Daesh.
La guerra nel deserto siriano è perlopiù fatta di attese, appostamenti e schermaglie coi mortai, attacchi mossi contro un nemico invisibile, dall’altra parte del fronte, che a sua volta risponde per far sapere della propria presenza. Recentemente tuttavia, lo Stato Islamico ha dovuto intensificare le offensive in Siria per compensare la perdita di terreno in Iraq. Ecco quindi l’attesa diventare una lotta impari: i jihadisti assaltano le trincee curde utilizzando tutto il proprio arsenale, che conta autoblindo di vario tipo, artiglieria pesante e persino carri armati Abrams, mentre i curdi si difendono come possono usando qualche razzo, mine anticarro e molotov.

Dall’inizio dell’offensiva siriana, i curdi avrebbero perso circa cinquanta uomini, mentre lo stato islamico conterebbe almeno cinquecento vittime tra raid e assalti falliti.
Di questa lotta continua, tuttavia, non si parla in Europa e in Italia soprattutto, perché una guerra lontana è considerata un problema altrui che non deve influenzare la stampa. La migliore fonte di notizie in merito al conflitto in corso si può trovare nei numerosi account di Instagram gestiti da militari curdi di origine europea, come @peshmerganor e @scandipesh, attualmente al fronte, che rilasciano informazioni e commenti quasi quotidianamente.
Da casa nostra possiamo solo fare una cosa per ora. Informarci, smettere di ignorare uno scontro così lontano ma così vicino, che sarebbe andato assai diversamente se duecentomila curdi non si fossero uniti per proteggere se stessi e noi.


Fonti

Wikipedia

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