Canzone e poesia: “Dieci ragazze” di Battisti e Mogol

Spesso capita di rimanere colpiti dalla potenza espressiva del testo di una canzone, per le sue parole, per la sua musicalità intrinseca, per il modo in cui è organizzata la sintassi. Se ascoltiamo con orecchio attento certe sonorità pop, dal cantautorato alla canzone popolare, ci accorgiamo che larga parte dei testi ricalca un uso della lingua che è poetico.

Sia chiaro, l’intento qui non è stabilire se un dato testo musicale sia poesia o no, né tanto meno si vogliono elargire patenti di poeticità. È molto più interessante considerare quali siano le caratteristiche che ci fanno percepire un testo musicale come poetico, lasciando in secondo piano i giudizi di merito.

Ho scelto per l’analisi una canzone estremamente leggera, orecchiabile, famosa, che almeno una volta tutti hanno sicuramente ascoltato. Gli autori, Lucio Battisti e Giulio Rapetti, in arte Mogol, rappresentano uno dei sodalizi artistici più fecondi di sempre, e le loro canzoni fanno parte del bagaglio musicale di ogni italiano. Due talenti, il primo nel comporre musica, il secondo nel comporre testi, del tutto eccezionali. Prendiamo – o meglio ascoltiamo – la canzone Dieci ragazze, dall’album Emozioni del 1970.

Innanzitutto, l’uso della rima. Nel testo di Dieci ragazze non c’è una riga che sia sprovvista, soprattutto baciate e alternate, ma anche interne. Se un motivo ripetitivo e trascinante viene dotato di un testo altrettanto regolare, cadenzato da una forte presenza della rima, si produce un risultato estremamente pervasivo. Quanto è facile ricordarsi una filastrocca? Il principio è esattamente lo stesso; la differenza sta nel fatto che nella canzone il testo è fuso con la musica. Eppure, ciò non esclude che una canzone abbia un testo, per l’appunto, “poco musicale”.

L’iterazione è un espediente che ritroviamo in qualsiasi testo musicale, e in questo particolarmente. “Dieci ragazze per me”, “una la voglio perché”, “una per” sono esempi di parallelismo sintattico. Si ripetono gruppi di parole o costrutti sintattici applicando ogni volta variazioni minime, e ciò produce un doppio effetto: chi ascolta può riconoscere e seguire uno schema, ma non si annoia poiché qualcosa è sempre diverso. Si privilegiano soprattutto costrutti anaforici, in cui si riprende l’inizio della frase o del verso precedente.

Il ritornello rappresenta la forma più classica di iterazione nel testo musicale. Dal punto di vista narrativo nel ritornello di Dieci ragazze troviamo un effetto turning point che ricorda i sonetti di Shakespeare: abbiamo lo sconvolgimento di ciò che viene detto – o fatto intendere – in precedenza. Interviene quell’elemento nuovo che ribalta la situazione in maniera inaspettata. Il climax drammatico ascendente del testo segue con aderenza l’andamento della musica: il ritmo spezzato nella ripresa viene ricalcato dal motivo nervoso dell’amore infelice.

Similitudini e immagini metaforiche sono sempre presenti nei testi musicali. Qui troviamo l’immagine piuttosto comune di “un grande amore che ti stringe il cuor”, per cui il sentimento amoroso provoca nell’innamorato infelice una ferita più dolorosa di quella di una lama. Questa non è nemmeno un’immagine tra le più scontate, tuttavia il limite di certe metafore sta proprio nella ricorrenza con cui vengono usate, soprattutto quelle amorose, soprattutto nei testi musicali. Ci sono metafore che per l’uso che se ne è fatto si sono logorate fino a perdere il proprio potere evocativo, diventando luoghi comuni. La donna è “un fiore”, l’amore è “un sogno”, sono metafore che in gergo linguistico si dicono “morte”, perché entrate nell’uso comune e non richiedono più uno sforzo di interpretazione.

Abbiamo visto gli espedienti poetici più classici in questo testo, ma lascio alla sensibilità di ciascuno decidere se una canzone come Dieci ragazze può essere definita poesia. Di certo, però, quello della poesia e della canzone sono mondi molto vicini tra loro.


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