Brexit: uscita di insicurezza

In ambito europeo è da tempo nato un fenomeno sta preoccupando in modo particolare i diversi aspetti delle relazioni internazionali: la Brexit. Questo termine indica la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea e ciò ovviamente comporterebbe dei rischi.

Il referendum decisivo ai fini del futuro europeo o meno della Gran Bretagna è previsto per il 23 giugno prossimo, ma in caso di vittoria da parte di chi ne è favorevole, i tempi per la conclusione di questo processo no sarebbero certo brevi. Il percorso è delineato dall’articolo 50 del trattato sull’Unione europea che definisce il meccanismo di recesso volontario e unilaterale di un Paese dall’Unione e che concede un periodo di due anni, dopo cui “i trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato”.

Per iniziare, il Regno Unito dovrebbe notificare a diversi enti dell’UE l’intenzione di invocare l’articolo 50 del trattato che prevede la possibilità di ritiro volontario di ogni membro dell’Unione, dopodiché inizierebbero i negoziati per stabilire un accordo che definisca le modalità di ritiro e le future relazioni tra UE e governo britannico. Bisognerà capire quali aspetti il governo di Sua Maestà vorrà mantenere delle relazioni attuali che ha con l’Europa come Stato membro, ad esempio se la Gran Bretagna fosse interessata al mantenimento del mercato unico, bisognerà prendere in esame le regole che lo compongono e analizzare punto per punto quali aspetti lo Stato vuole mantenere come vincolanti da membro esterno e se tali condizioni vengono accettate da UE e Paesi componenti.

Chiaramente un tempo di soli due anni potrebbe risultare insufficiente per la buona riuscita di un accordo così complesso e dunque la possibile strada da percorrere sarebbe quella di un accordo di transizione volto a prolungare l’applicazione delle relazioni precedenti in attesa di una soluzione finale.

Quali potrebbero essere le conseguenze di questo accadimento? Chi è a favore della Brexit sostiene la possibilità di avere politiche migratorie indipendenti, ma questo potrebbe incidere in modo negativo sulla libertà di scambio di beni e di servizi. Le perdite causate dalle tariffe doganali extra imposte dall’UE sarebbero compensate dalla piena libertà di stabilire rapporti commerciali a livello globale; lo stesso non vale per il settore finanziario in cui, sterlina o meno, queste tariffe potrebbero dimostrarsi notevolmente dannose. In quest’ottica in governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney si è schierato contro l’out, rappresentando esso “il più grosso rischio interno per la stabilità finanziaria della Gran Bretagna”, oltre a confermare la possibilità che grandi gruppi finanziari possano lasciare la City e il Paese se questo non fosse più in grado di assicurare loro lo stesso accesso al sistema che vige internamente all’Unione europea.

Da sottolineare, poi, le previsioni di analisti secondo cui il verificarsi della Brexit comporterebbe la perdita per l’Euro-zona nel prossimo anno di circa l’1,5% del PIL e dunque 150 miliardi di euro.

Il rischio che comporta la Brexit è anche di tipo politico: oltre alla divisione interna al partito di Cameron, che vede esponenti illustri come il sindaco di Londra Boris Johnson schierarsi al dal lato opposto del Premier e quindi a favore di Brexit, questo fenomeno rischia di innescare un effetto domino e di contagiare altri Stati membri. È proprio di oggi la notizia data dall’università di Edimburgo: una loro ricerca effettuata su un campione ha portato alla luce che la maggior parte dei cittadini francesi sarebbe favorevole a un’iniziativa di referendum simile a Brexit nel loro Paese. Tuttavia per il momento il pericolo “Frexit” non è concreto visto che d’altro canto, il più della popolazione voterebbe per rimanere all’interno dell’Unione.


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