Ramadi: una grave sconfitta per l’Isis

L’esercito iracheno, affiancato dalle milizie sciite e grazie all’appoggio dei bombardamenti americani è riuscito a riconquistare la città di Ramadi situata a soli 100 km dalla capitale Baghdad. La presa della città è riuscita dopo numerosi ritardi causati dalle trappole e mine lasciate dal Isis, da fenomeni meteorologici che hanno rallentato la presa della città, ma anche da problemi organizzativi dell’esercito.

L’assedio durava da maggio, dopo che la città irachena era stata conquistata da Daesh dopo le negligenze dell’esercito iracheno, datosi alla fuga alla notizia dell’arrivo dell’esercito islamico.

Una grave sconfitta per lo Stato Islamico

Lo Stato Islamico incassa una grave sconfitta dopo quella di Tikrit a maggio, di Baiji, il più importante centro petrolifero del paese e del Sinjar supportati dalle milizie curde peshmerga, situata su un importante strada che collega Raqqa, capitale de facto dell’Isis, a Mosul la città più grande sotto controllo dell’Isis.

Queste sconfitte evidenziano come lo Stato Islamico, in Iraq, stia perdendo terreno. Gli unici territori che controlla ancora Daesh sono la regione di Kirkuk, la città di Fallujah e la città di Mosul, obbiettivo più importante la cui conquista può significare la fine dello Stato Islamico in Iraq.

La presa di Sinjar è stato un primo passo per organizzare un offensiva finale alla città. La sua conquista ha permesso, grazie anche all’aiuto delle forze peshmerga, di tagliare la strada principale che collega lo Stato Islamico tra Iraq e Siria, dando un duro colpo che avrà importanti conseguenze.

Dopo critiche e violente accuse, la strategia USA in Iraq sta dando risultati: il bombardamento, il supporto logistico e l’addestramento di nuove truppe stanno portando l’esercito iracheno a importanti vittorie militari. Il motto “no boots on the ground”, ossia “nessun intervento di terra” regge, ma non è escluso che la presa di Mosul possa comportare un invio di unità speciali.

La sfida più importante sarà la ricostruzione dell’Iraq. Il governo, accusato più volte di corruzione mentre l’Iran sta a guardare, con il crollo delle sanzioni è pronto a rilanciare la propria economia e ad avere un ruolo da protagonista nello scacchiere medio-orientale.

La situazione in Siria

Sebbene in Iraq lo Stato Islamico stia subendo pesanti sconfitte, in Siria continua ad avere il controllo in una vasta area. Tuttavia seppur simili, non si possono paragonare le situazioni politiche dei due paesi. In Siria è in corso una vera e propria guerra civile in cui sin dal suo nascere le fazioni opposte al regime sono andate aumentando fino ad arrivare all’attuale situazione in cui piccole e grandi schieramenti politici si oppongono al regime, ma alcuni di questi sono in lotta tra loro come Al nusra e Isis. In Iraq invece, seppur vi siano scontri settari tra sciiti e sunniti, il nemico di tutti è Daesh, nato proprio in Iraq come ramo di Al Qaeda per poi distanziarsi e fondare il Califfato.

Tuttavia, molti hanno sollevato perplessità riguardo agli aiuti che gli USA hanno fornito all’esercito iracheno. Dopo il ritiro delle truppe, l’esercito americano si era impegnato a formare le nuove forze di difesa e ad armarlo. Con tali premesse molti si chiedono come sia potuto nascere e poi dilagare Daesh prima nel nord dell’Iraq fino a estendersi in Siria.

Le ragioni del dilagare dell’Isis sono riconducibili a una situazione politica dominata da una maggioranza scita: l’Isis è riuscito a cavalcare il malcontento e la delusione dei sunniti per un governo che ormai da 10 anni ha a capo un presidente sciita. In Siria, invece, la famiglia Assad è di fede sciita, ma costituisce una netta minoranza a differenza dell’Iraq in cui la popolazione è a maggioranza sciita. La corruzione del governo attuale è stato sicuramente un altro fattore che ha permesso l’emergere dell’Isis.

L’aiuto delle forze curde peshmerga si sono dimostrate un esercito più motivato. Sebbene equipaggiato con armamenti antiquati, risulta infatti essere l’unica forza di terra in grado di respingere l’esercito dello Stato Islamico. Il suo intervento ha permesso all’esercito dell’Iraq di concentrarsi in altri fronti di guerra. Tuttavia i peshmerga non parteciperanno alla presa di Mosul per evitare tensioni con la comunità araba. Questa, infatti, guarda con sospetto l’agire delle milizie curde, accusandole di espropriare la terra alle comunità arabe.

I possibili scenari

L’Iraq, salvo nuove negligenze del proprio esercito, è destinato a sconfiggere lentamente lo Stato Islamico e il suo declino avrà conseguenze anche in Siria. Ma in Siria la situazione è più complessa, sebbene l’intervento della Russia con bombardamenti e supporto logistico abbia notevolmente permesso al presidente siriano di registrare importanti vittorie.

Le forze di opposizione continuano a controllare vasti territori e si rifiutano, come Assad, di aprire un dialogo. Gli Accordi di Vienna hanno finalmente aperto un tavolo di discussione e una strategia a lungo termine. Tuttavia, l’abbattimento di un aereo di guerra russo da parte dell’esercito turco, che aveva accusato i russi di aver violato il loro spazio aereo, ha portato nuove tensioni. Le parole di Putin non fanno presagire niente di nuovo e ancora una volta la Siria si domanda del suo futuro ancora buio e incerto.

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