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NOI SIAMO IL BIANCONIGLIO

Di Marco Capozzi

La fretta è una condizione essenziale del nostro tempo. Viviamo con la fretta, l’impazienza, sentiamo lo scarto tra il tempo della nostra vita e il tempo del mondo. Viviamo col cuore in gola, tra ansia da prestazione, stress e le altre patologie annesse per restare al “passo coi tempi”: tempi di sviluppo, tempi di lavoro, tempi di crescita (dei figli ad esempio). La calma ha abbandonato questo mondo, l’ozio è di nuovo il padre dei vizi, nonostante tutti lo vogliano e lo cerchino, per “staccare”; ma l’ozio non si addice ai ritmi febbrili della tecnologia, degli orari di lavoro, dei tempi in macchina o suoi mezzi, dove appena ne hai la possibilità acceleri o corri.

Nel 2011 era uscito un film di Andrew Niccol, “In Time”, nel quale il tempo diventa la moneta corrente, pertanto i poveri dovevano lavorare sempre più per ottenere tempo, sprecandolo, mentre i ricchi potevano goderselo. Un film molto attuale (nel tema) e ben centrato su un problema fondamentale come quello del tempo, sempre più prezioso e raro.

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Molti filosofi si sono occupati del tempo, e in special modo i filosofi della modernità e a tal proposito è possibile vedere come questa fretta abbia inciso anche nell’assunzione di bevande, modalità del fumare e del mangiare, insomma nelle nostre abitudini più quotidiane.

Partiamo dalla bevanda per eccellenza dell’Illuminismo, formato prevalentemente dalla classe borghese: il caffè. Questa bevanda, e i luoghi dove si poteva consumare divennero presto l’emblema dell’Illuminismo e il ‘700 la sua età d’oro, infatti il caffè rende scattanti, produttivi e soprattutto non richiede tempi molto lunghi per essere bevuto. Una pausa caffè e si torna a lavorare, più scattanti e attenti di prima.

Il caffè si pone in netto contrasto con la cioccolata, bevanda prediletta delle aristocrazie italiana e spagnola. La cioccolata, a differenza del caffè richiede tempi languidi, lunghi per poter essere assaporata e richiama alle dolcezze della vita, alle sue mollezze, all’ozio del prendersi tempo.

Tra le due bevande è possibile scorgere proprio quella ostilità tra l’emergente classe borghese e la decadente aristocrazia nel XVIII secolo.

Ma non finisce qui: pensate anche alle modalità con cui si fuma; si è passati dalla pipa, al sigaro, alla sigaretta.

La pipa richiede tempi molto lunghi, non solo nella ricarica, ma anche per essere fumata e assaporata. Era lo strumento per eccellenza del fumare, in quanto momento di riflessione, di rilassamento, di degustazione in tutta pace. Poi venne il sigaro (o meglio i sigarilli), anch’esso dalla lunga “fumata”, ma già più veloce di una pipa (mica tutti fumavano i sigari cubani!),, bastava tagliare il retro e accendere, accorciando così i tempi di fumata.

Infine arriviamo alla sigaretta, tra gli oggetti più diffusi al mondo, perfino fra le tribù più sconosciute. La sigaretta si fuma in cinque, sei minuti al massimo (soprattutto dopo il caffè), portando a restringere ancora di più i tempi di degustazione e di rilassamento. È diventata, ormai, un’unità di tempo: “il tempo di una sigaretta e via”.

Caffè e sigaretta sono l’emblema della fretta che ci perseguita, del tempo che continuamento ci fiata sul collo, facendoci sentire come il Bianconiglio, un tempo in cui il futuro è uguale al presente, dove non c’è tempo di pianificare o oziare: tutto collassa in un eterna ripetizione del presente sempre più veloce e asfissiante.

Si potrebbe continuare con gli esempi, come il fast food o il cibo congelato, perché non c’è neanche tempo di mangiare o di prepararsi da mangiare, ma bisogna farlo alla svelta, semplicemente mettendo nel microonde, senza perdite di tempo, tutto adesso e subito!

Ognuno di noi è il Bianconiglio, parte di un ingranaggio che non prevede né tregue né pause, ma solo arrivare, non si sa dove, né perché, nel modo più veloce possibile.

 

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