faust

FAUST

FOCUS PLOT OPERA: L’ORIGINE DELLE OPERE


Di Ilaria Zibetti

Grande capolavoro della letteratura, “Faust” di J.W. Goethe  è stato ripreso da tantissimi artisti di diverse epoche ed ognuno ha apportato il proprio contributo nella narrazione di questa storia senza tempo. L’exploit si è presentato soprattutto nell’800, secolo caratterizzato dalla predominazione Romantica e dei movimenti culturali come lo Sturm und Drang, vere e proprie tempeste di passioni e di torbidi misteri al limite del diabolico.

La vicenda del Dottor Faust che stipula un patto con il diavolo Mefistofele per avere conoscenza in cambio della propria anima, ha solleticato molto la fantasia di molti compositori, più o meno noti. In questo spazio vorrei concentrare l’attenzione sulle opere più famose sottolineando in breve le differenze fra il capolavoro tedesco e la trasposizione lirica, partendo dal presupposto che la maggior parte di esse ha mantenuto l’idea dello scienziato che sigla il contratto con il diavolo: la sua anima in cambio della giovinezza e del piacere terreno e anche la relazione drammatica fra Faust e l’innocente Margherita.

  • La dannazione di Faust ( 1845 ). Hector Berlioz, in quella che lui definiva “leggenda drammatica”, narra quasi in sintesi la relazione sentimentale fra Faust e Margherita, che avviene nel giardino di lei da tradizione. Però in primo piano ci sono le riflessioni dell’uomo di scienza sulla Natura, sull’essere umano e sull’esistenza dell’universo. Le apparizioni di spiritelli chiamati da Mefistofele non hanno un valore particolare se non suggestivo durante il sonno di Faust nel bosco, simbolo del panteismo. Altro aspetto importante, Faust non accetta il patto per la giovinezza ma solo per la conoscenza, essendo egli già giovane in questa versione. Non mancano scene triviali  come la “canzone della pulce” cantata da Mefistofele in una taverna assieme a degli ubriaconi di fronte ad un giovane inorridito. Il finale è la dannazione di Faust, come suggerisce il titolo, il quale non fa in tempo ad arrivare da Margherita, ormai condannata a Morte per aver ucciso (involontariamente) la madre e precipita all’Inferno mentre il diavolo ride di gusto per aver portato a termine il suo compito.

 

  • Faust ( 1859 ). Charles Gounod, colui che ha fatto probabilmente la più famosa delle opere che sto citando, si concentra sulla vicenda personale e amorosa di Faust e Margherita, sottolineandone le conseguenze dal punto di vista privato. L’anziano Faust, nel suo studio, tenta di suicidarsi ad inizio opera, l’invocazione del diavolo lo trattiene però solo la visione di Margherita lo fa desistere e lo convince a firmare con il sangue il patto. Poi inizia la seduzione della giovane, rimasta orfana ( per cui la madre non muore avvelenata da lei essendo già deceduta ) e priva della protezione del fratello Valentino, partito per la guerra. Rimasta incinta, il fratello si batte con Faust al suo ritorno dalla guerra e resta ucciso, maledicendo infine la sorella per il suo traviamento. Impazzita dal dolore per l’abbandono dell’amato e la morte di Valentino, alla nascita del bambino lei lo uccide e per questo finisce in carcere e attende la condanna a morte. Straziante e commovente l’ultimo incontro fra i due innamorati nelle prigioni, la morte di crepacuore della fanciulla innocente e la sua assunzione in Cielo, segno di salvezza. Faust invece è dannato perché ha intenzionalmente compiuto delle nefandezze nei confronti di Margherita. Si evitano quindi l’episodio della rievocazione di Elena di Troia e dei sabba (in realtà ci sarebbe una scena rispetto a quest’ultimo elemento ma generalmente viene tagliata durante le produzioni perché considerata superflua).

 

  • Mefistofele ( 1868 ) . Arrigo Boito invece recupera molti passaggi tipici del libro, come i sabba con le streghe, veri festini satanici con canti da scioglilingua e uno stormo di folletti e spiriti; il patto tra il dottore e il diavolo in cui celebre è il momento in cui Faust pone la condizione per cedere l’anima, ossia “ Se avvien ch’io dica all’attimo fuggente: arrestati, sei bello! Allor ch’io muoia e m’inghiotta l’averno!” Dove non si bramano solo la conoscenza o la giovinezza, ma qualcosa di più profondo: la pace dell’anima e la contemplazione dell’autentico Bello. Inoltre vengono descritte la scommessa fra il diavolo e Dio nei confronti di Faust nel Prologo e l’episodio del corteggiamento fallace tra Faust ed Elena di Troia, presente nella storia originale. Il finale però in quest’opera è positivo, perché  Boito porta Faust a una redenzione in extremis per la sua presa di consapevolezza che il Vero Bello è la gioia celeste e la parola di Dio, cosa che determina la sconfitta di Mefistofele, il grande protagonista di questa versione, che se ne fugge scornato mentre fischia in maniera volgare.

Il romanzo originale è lungo, articolato, pieno di episodi che non possono essere materialmente rappresentati un un’Opera oppure che sono stati accantonati perché poco suggestivi, ma sublime nelle espressioni e nei ragionamenti. Questa comparizione serve per avere in mente che le opere non nascono da sole, bensì hanno spesso grandi testi teatrali o letterari alle spalle che meritano una piccola attenzione. In questo caso: tante versioni per un solo libro.


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