Micotossine: contaminanti naturali degli alimenti

Non sempre ciò che cresce in natura è sano e commestibile per l’essere umano e siamo consapevoli dell’esistenza di moltissime piante e funghi velenosi che è meglio non provare ad assaggiare, tuttavia ci riteniamo fuori pericolo se mangiamo alimenti selezionati e prodotti tramite l’agricoltura e l’allevamento.

Eppure molto spesso all’interno delle vivande più comuni, sono presenti dei composti naturali che se ingeriti in grandi quantità da uomini o animali possono risultare nocivi.

Si tratta delle micotossine, prodotti del metabolismo di alcuni funghi che possono crescere su piante coltivate e alimenti; rappresentano una categoria molto eterogenea di composti chimici e i miceti che le producono appartengono a diverse specie diffuse e adattate a differenti condizioni e ambienti.

Possiamo quindi trovare nei nostri alimenti questi contaminanti naturali e invisibili caratterizzati da una grande stabilità che li rende resistenti a trattamenti termici e ad altri tipi di lavorazione.

Il primo fungo produttore di micotossine ad essere stato documentato nella storia è Claviceps purpurea, il patogeno che provoca la “segale cornuta”.

Questo micete una volta attaccata la pianta di segale, forma all’interno della spiga degli organi allungati e neri chiamati sclerozi  che contengono diversi alcaloidi denominati ergotossine, tra cui l’acido lisergico, da cui è possibile ricavare l’LSD.

Alimentarsi con prodotti derivati da segale contaminata può portare disturbi e alterazioni fisiologiche note come ergotismo. A seconda della quantità e del tipo di ergotossine ingerite, possono mostrarsi con un andamento cronico disturbi di tipo nervoso come convulsioni e allucinazioni, oppure possono generarsi gravi problemi agli arti con gonfiore, bruciore e alterazione del colore fino all’arresto della circolazione sanguigna.

La segale in passato era molto utilizzata per l’alimentazione umana e animale e le prime notizie di manifestazioni di ergotismo risalgono alla Francia del VI secolo e si susseguono intossicazioni di carattere epidemico nel periodo medievale; secondo alcune fonti non è da escludere che molti casi di follia collettiva, come pure la caccia alle streghe, non fossero altro che conseguenze di diffuse manifestazioni di ergotismo.

Nonostante fosse nota da molto tempo, solo nel1853 venne chiarita definitivamente la causa di questi disturbi.

Gli altri tipi di micotossine sono stati identificati e documentati solo recentemente.

Le aflatossine, il gruppo più noto e studiato. La loro scoperta avvenne nel 1961, quando in un allevamento nel Regno Unito morirono migliaia di tacchini per necrosi epatiche dovute a cause sconosciute. Il fattore determinante risultò essere l’aggiunta di arachidi brasiliane alla dieta di questi animali. Successivi studi dimostrarono che l’alimento era altamente contaminato dal fungo Aspergillus flavus produttore di aflatossina B1, considerata oggi uno dei più potenti epatocancerogeni dall’ IARC (International Agency for Research on Cancer)

Attualmente sono note più di 400 micotossine e a seconda del tipo di esposizione delle dosi ingerite, possono dare luogo a patologie acute o croniche a carico di organi, avere effetti teratogeni, cancerogeni o immunosoppressivi.

Si trovano prevalentemente nelle derrate di origine vegetale come i cereali, in particolare il mais, e in prodotti come noci, mandorle, pistacchi, arachidi, cacao, spezie, caffè. Non sono però assenti negli alimenti di origine animale; ad esempio l’aflatossina B1 se ingerita dai ruminanti, può passare nel latte in una forma meno tossica e le ocratossine, se ingerite dai suini, possono ritrovarsi nella loro carne.

Le legislazioni della maggior parte degli Stati ad economia di mercato indicano i limiti massimi consentiti nei vari prodotti per la tutela della salute umana. L’Unione Europea con Regolamenti norma sia i limiti massimi accettabili di micotossine, sia le linee guida e i metodi per le analisi di controllo.

Curiosamente molti consumatori sono preoccupati per la presenza di residui di fitofarmaci negli alimenti, ma pochi sono consapevoli di poter trovare nel loro piatto anche questi contaminanti naturali.

Images: copertina

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