Beta-bloccanti: farmaci salvavita e doping antitremore

di Sara Ottolenghi

Gli sport di precisione necessitano di mano ferma, concentrazione e capacità di rilassamento anche in situazioni di stress e tensione come le gare più importanti.

In questi casi l’adrenalina, alleata dell’essere umano nei momenti di “lotta e fuggi” con le sue funzioni di aumento della forza e della frequenza cardiaca, ottimizzazione della respirazione e iperattività muscolare può non essere d’aiuto come lo è per sport di velocità o resistenza.

Questo ormone è purtroppo alla base anche degli sfoghi fisici di tensioni che nell’uomo sono anche solo mentali, perciò avviene di ritrovarsi a tremare, o a sbattere la mandibola contro le unghie a ripetizione.

Tali risposte, portate a livelli troppo alti e soprattutto in persone sensibili come anziani cardiopatici, rischiano di contribuire al verificarsi di attacchi di cuore.

Perciò a questi individui vengono prescritti spesso farmaci che riducono gli effetti delle catecolamine (così si chiamano gli ormoni/neurotrasmettitori come adrenalina e noradrenalina).

Il meccanismo di azione di alcuni di questi farmaci è detto di inibizione competitiva: tendono a legarsi ai recettori di queste sostanze prodotte dall’organismo, “litigando” con esse per occuparne il posto, ma senza scatenare effetti.

Poichè in questi casi i recettori bersagliati perchè scatenano i più nocivi fra gli effetti sono detti “beta-adrenergici”, questa categoria di farmaci viene chiamata beta-bloccanti e ha nomi solitamente terminanti con il suffisso –olo, essendo a base alcolica come il ben conosciuto etanolo.

Fra di essi, il propanololo, trovato, durante le olimpiadi del 2008, nel sangue di Kim Jong Su, è costato all’atleta nordcoreano di tiro a segno il ritiro delle medaglie d’argento e di bronzo.

Gli effetti collaterali spesso non sono molto trascurabili: come incentivo a non farne uso come doping sarebbe forse bastato a quel tiratore sapere che ha rischiato l’impotenza.

Images: copertina

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