Dalla Scuola all’Ambiente, con Davide Rossi (Parte 2 di 2)

Scuola, Istruzione, Ambiente, Accettazione, Riforme, Indipendenza, Immigrazione. Parole oggigiorno sprecate sulle pagine dei giornali, sulle bocche dei politici; parole che si svuotano sempre più del proprio significato, storpiate, fraintese. Un’intervista a Davide Rossi, Segretario generale del S.I.S.A. (nonché docente, storico e giornalista), per riflettere su temi che ci toccano sempre più da vicino, su come il Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente li affronta nella propria “idea di società aperta e inclusiva”.

(Continua da precedente intervista)

S come Scuola:

Si parla tanto in questo periodo di Istruzione, Merito, “Buona Scuola”, in un contesto che però spesso non rispecchia gli ideali tanto ostentati. Cosa rende l’insegnamento di qualità? In un’intervista descrive una scuola fatta di discussioni, proposte ed interazione, un metodo quasi socratico che però mal si concilia con la meritocrazia di cui molto si dice. Come accordare la necessità di una valutazione allo stimolo alla discussione? Tra le proposte, inoltre, l’abolizione dei programmi scolastici: non si rischia di creare in tal modo vaste discrepanze nell’educazione tra i diversi istituiti scolastici?

Una domanda molto articolata. Meriterebbe un saggio, più che una risposta! Cercherò di andare per punti, non ricordo di aver mai detto che i programmi vanno aboliti, so con certezza che programmi rigidi che ingabbiano a una ritualità noiosa la scuola sono controproducenti e inutili.

I ragazzi oggi imparano quello che ripetono il giorno seguente nell’interrogazione e lo dimenticano il giorno dopo ancora. Questo non è imparare, questo è alimentare una farsa, che ha come risultato solo la riproduzione del sistema dominante e l’addestramento degli studenti alla subordinazione e al servilismo, che dovranno replicare nel mondo del lavoro.

La nostra idea di scuola è un’altra, perché un’altra è la nostra idea di società. Don Lorenzo Milani diceva che si devono abolire i voti a scuola, aveva ragione. Il voto è l’arma dell’obbedienza e l’obbedienza, come diceva sempre lui, non è certo una virtù. La scuola deve essere un luogo in cui i giovani costruiscano i saperi scientifici, umanistici, critici, saperi che li rendono cittadini e danno loro strumenti culturali per il futuro, anche lavorativo.

I docenti devono aiutare, sostenere, offrire stimoli in questo percorso. La sola interrogazione che mi sembra logica è su quanto si è studiato un anno prima, se gli studenti si ricordano ancora qualcosa, ci troveremo di fronte a un apprendimento profondo, tutto il resto è inutile. O deleterio, come la riforma renziana che dietro le parole nasconde la violenza di una aggressione alla scuola e ai saperi in funzione degli interessi economici di un mercato capitalistico che pretende giovani obbedienti, poco preparati e perennemente subordinati.

Uno degli insegnamenti di don Lorenzo Milani, nel pensiero del quale il SISA si riconosce, è la convinzione che “la selezione sia contro la cultura”. La Buona Scuola renziana non segue in questo le impronte del priore di Barbiana, almeno non letteralmente. Cos’è che la Buona scuola ha dimenticato e cosa dovrebbe ritrovare? Quanta importanza bisogna attribuire al merito, in un paese che da tempo sembra averlo dimenticato?

La riforma renziana è proprio antitetica al pensiero di don Milani e della scuola da lui fondata a Barbiana per i ragazzi bocciati nelle scuole pubbliche nel 1954 e operante fino alla sua morte nel 1967. Non credo che tale riforma possa “ritrovare” una strada, è nata con finalità precise, con obbiettivi chiari, che nulla hanno a che vedere con un miglioramento del lavoro dei docenti e un accrescimento delle conoscenze dei ragazzi.

Trovo interessante la tua riflessione sul merito. Hai ragione, in una nazione di raccomandati, di persone che si comprano e che si vedono e in cui la maggioranza dei cittadini è pronta a vendere e comprare qualsiasi cosa, dal corpo, proprio o altrui, alla laurea, le qualità umane e culturali ne escono, più che mortificate, direi proprio tramortite.

Il problema è che “il merito”, per come viene agitato in politica ed economia, è semplicemente un grimaldello di distruzione sociale, un’arma giustificativa attraverso cui licenziare, escludere, espellere, emarginare.

Io credo che dobbiamo garantire a tutti uguali diritti. Dobbiamo impedire che l’intera società sia posta nella condizione di doversi scannare in una “libera” e sanguinaria concorrenza in cui i diritti di ciascuno si affermano solo attraverso la fame e la miseria di qualcun altro. Dobbiamo garantire casa, scuola, lavoro, reddito di cittadinanza, salute a tutte e tutti, permettere a ciascuno di esprimersi liberamente, solo così il merito come lo intendi tu, ovvero il contributo fattivo e costruttivo che una libera intelligenza può dare al miglioramento del mondo, potrà essere valorizzato.

Altrimenti ci sarà solo la violenza degli uni contro gli altri, le qualità soccomberanno e gli esclusi prenderanno la via della violenza fisica. Aggressioni, violenze domestiche, sono prima di tutto il segnale di un disagio e di un malessere sociale diffuso.

 A come Ambiente:

“Il SISA si impegna a promuovere la cooperazione e la coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli”. Eppure come vediamo dalle recentissime notizie di Ventimiglia (solo uno degli ultimi drammatici episodi) questi sono termini sempre più lontani dall’orizzonte italiano ed europeo. Il problema alla base dell’accettazione dello straniero, è davvero solo economico e organizzativo? O si nasconde dietro una più profonda radicata ideologia xenofoba?

Credo purtroppo che ci troviamo di fronte a una radicata ideologia razzista e xenofoba, l’odio per l’altro e l’odio per il diverso sono radicati nel linguaggio politico che invade e pervade i mezzi di comunicazione, anche tra coloro che fingono di essere estranei a questo sentimento.

Trovo razziste le posizioni della destra più o meno berlusconiana e della sinistra più o meno renziana, tali destra e sinistra sono le espressioni italiane di un mostro bicefalo europeo che promuove le stesse politiche liberiste. Ancor più razzista è la stampella di questo mostro, l’aberrante xenofobia alla Salvini, che è l’ultima invenzione politica del grande capitale e dei poteri forti. Il futuro è fatto di giovani che arriveranno in Italia e in Europa dal Mediterraneo, dall’Asia, dall’Africa, dall’America Latina.

Sarebbe lungo ora spiegare nel dettaglio la situazione, in molti incontri pubblici ho articolato tutto questo dettagliatamente, per brevità faccio un esempio. Se sei un ragazzino di quindici anni del Congo e lavori da quando ne avevi cinque in una miniera per dare agli europei qualche minerale di cui hanno bisogno per permettersi la vita che conducono e tu non hai un tetto, non hai un letto e l’acqua l’hai solo da un secchio quando la raccogli al fiume, mentre sai che in Europa esce dai rubinetti, è fredda, potabile, ma anche calda, bene, tu lascerai il Congo a piedi per andare in Europa.

Quindi prima di tutto vi è un dato evidente di diseguaglianza colossale e planetaria.

Gli occidentali non vogliono pagare il doppio le loro bollette e le materie prime, quindi perpetuano la miseria nel resto del pianeta, imposta al tempo della Guerra Fredda, ma se prima un congolese non sapeva, ora sa, capisce e conosce e quindi, come gli italiani di un secolo fa, emigra.

Poi vi è il dato demografico, sulla terra siamo sette miliardi e mezzo e a breve saremo nove miliardi, milioni di giovani si sposteranno in modo naturale e normale verso aree del pineta in cui vivono pochi e vecchi abitanti, come l’Europa. I mezzi di informazione fanno terrorismo psicologico parlando di mezzo milione di immigrati in Libia pronti a venire in Europa. Si dovrebbe fare invece informazione corretta sugli almeno venti milioni di africani e mediorientali che arriveranno qui in tempi brevissimi.

I flussi migratori non sono mai stati contenuti da nessuno. Se quindici secoli fa i longobardi non fossero migrati a Milano, oggi i milanesi non sarebbero lombardi.

In un articolo riguardo l’immigrazione si cita la necessità di costruire “ponti di dialogo e un comune cammino”.  Avete già pronto il progetto? Quali sono i mattoni necessari che lo Stato dovrebbe fornire per favorire l’integrazione?

Un progetto certo l’abbiamo, ma dubitiamo che le nazioni europee si facciano consapevoli dell’urgenza e della necessità. Faccio alcune premesse.

Quanti libri hai letto di scrittori africani, mediorientali, dell’Europa dell’Est, quanti film hai visto di queste nazioni? Ecco, il primo problema è culturale, noi del SISA con uno sforzo enorme, grazie anche alla collaborazione di una piccola e al contempo grande casa editrice come Mimesis, cerchiamo di promuovere la conoscenza dell’altro. È una battaglia impari, ma non demordo, ora sto scrivendo un libro sulla storia della letteratura albanese del Novecento. Purtroppo cinema e televisione, internet e giornali, sono monotematici e monoculturali, pure nelle facoltà di filosofia quasi nessuno studia la filosofia islamica. I ponti di dialogo, i cammini comuni si costruiscono conoscendo gli altri.

Il 90% degli europei non sa nulla delle culture, delle lingue, delle tradizioni, delle arti degli altri. Questa è peggio di una catastrofe, è una tragedia, perché innalza muri violenti di diffidenza, di paura, di odio.

Il primo progetto del SISA è quello di demolire questo muro, facendo conoscere agli europei queste culture e mettendo in contatto mondi che purtroppo non si parlano. Da dieci anni a Bruxelles, capitale d’Europa, il nome più registrato all’anagrafe ogni anno è “Mohammed”, il futuro è già tra noi, anche se la maggioranza degli europei fa finta di non vederlo.

Noi del SISA, che siamo da sempre contro ogni integralismo, lavoriamo costantemente con i ragazzi musulmani italiani, che anche quest’anno vengono obbligati a sostenere l’esame di maturità durante il Ramadan, mentre la legge italiana dice che non si fanno esami di stato durante le festività religiose. Siamo il solo sindacato ad aver sollevato il problema e ci auguriamo venga risolto presto.

Una società armoniosa si fonda sul rispetto reciproco, non sulla negazione dei diritti degli altri.

Le parole riguardo l’Ambiente in questo periodo, almeno a Milano, si sprecano anche riguardo l’Ecologia. “Nutrire il pianeta” è il nuovo tormentone dell’estate, eppure le critiche sull’Expo non sono state poche. Tuttavia la Carta di Milano rappresenta un’importante prima concretizzazione. Quanto è riuscita e riuscirà l’Italia a sfruttare questa occasione? Quanto l’Ambiente ne è poi davvero protagonista?

All’Expo l’ambiente e il cibo sono poco protagonisti. Lo sono di più le multinazionali, il lavoro non retribuito “ma che fa esperienza”, come dice qualcuno, le passerelle mediatiche a vantaggio dell’esibizionismo politico. Poche, pochissime nazioni, penso ai paesi bolivariani dell’America Latina, alla Corea Popolare, all’Iran, alla Cina e alla Russia, cercano senza troppa fortuna di porre alcuni problemi e temi in discussione, ma è difficile quando il clima è quello di una goliardica fiera che fa finta che tutto vada bene, quando in realtà tutto va decisamente male.

Nutrire il pianeta è una grande ipocrisia. Il pianeta è depredato e distrutto dall’uomo, o meglio dal capitalismo consumista che non ha come obiettivo quello di sfamare l’umanità, ma di ridurre il cibo a merce da vendere per ricavarne profitti e – quando non si ricavano – sprecare o distruggere le derrate alimentari.

Il collasso ecologico del pianeta è certificato da molti scienziati che vedono in corso l’estinzione imminente dell’uomo, Einstein diceva che senza api l’uomo sarebbe scomparso dalla terra in pochi anni e solo negli ultimi dodici mesi il 40% delle api del mondo sono morte. La questione ecologica è centrale, quando quasi dieci anni fa, nascendo, abbiamo deciso di mettere la parola “ambiente” nel nostro nome, speravamo si facesse di più, sia a livello globale, sia come consapevolezza della priorità ambientale tra i movimenti sociali.

L’irresponsabilità dei politici è criminale, ma è anche il risultato della loro sudditanza al liberismo-capitalismo-consumismo che ci sta portando verso il baratro. Dal 5 all’8 dicembre prossimo saremo a Parigi per la conferenza mondiale sul clima, o meglio per partecipare alle manifestazioni contrare all’inconcludente conferenza e per partecipare ad alcuni dibattiti promossi da chi come noi ritiene quella ecologica una priorità.

Vi aspettiamo.


Davide Rossi è un docente, storico e giornalista, e direttore del Centro Studi “Anna Seghers” di Milano, dell’ISPEC, Istituto di Storia e Filosofia del Pensiero Contemporaneo di Locarno e vicedirettore dell’Institut International de Formation et Recherche “Patrice Lumumba” di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo.  Ha scritto diversi saggi di impronta storica o letteraria, manifestando sempre il proprio interesse per la cultura dei paesi socialisti e dei popoli del Sud del mondo. E’ inoltre segretario generale del SISA – Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente, responsabile dal 2007 del “Centro di Formazione e Ricerca don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana” per la Lombardia e il Ticino e corrispondente dall’Italia per Sinistra.ch e dal 2000 dirige il mensile culturale on line aurorarivista.it


CREDITI

Copertina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.