Il caso Nisman sconvolge l’Argentina

Il 19 gennaio il procuratore Alberto Nisman, che indagava sull’attentato del 1994 contro l’AMIA (Asociaciòn Mutual Israelita Argentina) di Buenos Aires, è stato trovato morto in casa propria.

Doveva  parlare in parlamento il pomeriggio stesso..

Tutto comincia il 18 luglio 1994. Un furgone carico di tritolo esplode nel parcheggio seminterrato dell’edificio ospitante gli uffici dell’Associazione Mutualità Israelita Argentina (AMIA) e della Delegazione delle associazioni israelite argentine.

L’edificio crolla causando 85 vittime e oltre 200 feriti. Verrà ricordato come il più atroce attentato terroristico di sempre contro la comunità ebraica argentina, nota per essere la più numerosa di tutta l’America Latina.

Nel settembre del 2004 il presidente dell’Argentina Nèstor Kirchner incarica il magistrato Alberto Nisman di guidare le indagini sui responsabili dell’accaduto. Per anni il procuratore lavora sul caso senza però riuscire ad arrivare a conclusioni soddisfacenti. È però convinto del coinvolgimento del governo iraniano, identificato come vero e proprio mandante dell’attentato.

Perciò nel 2013, quando il governo argentino firma un memorandum d’intesa con Teheran per collaborare all’inchiesta, il principale sospettato diventava in qualche modo collaboratore.

Il 14 gennaio 2015 il procuratore federale Alberto Nisman accusa, in seguito alla scoperta di intercettazioni telefoniche, la presidente Cristina Fernandez (moglie di Nèstor Kirchner, morto nel 2010) e il ministro degli esteri Hèctor Timerman di aver cercato di coprire le responsabilità dell’Iran nei fatti del 1994 in cambio di prezzi di favore nelle forniture di petrolio greggio.

Nisman avrebbe dovuto esporre al congresso il suo rapporto sulle responsabilità della presidente il pomeriggio del 19 gennaio.

Qualche ora prima, il magistrato, 51 anni divorziato e con due figlie viene trovato morto con la testa riversa su una calibro 22, non sua, nel bagno dell’ appartamento di sua proprietà a Puerto Madero.

La presidente si è subito affrettata a sostenere l’ipotesi del suicidio e lo ha accusato di sostenere menzogne con il solo intento di indebolire il governo,salvo poi cambiare versione due giorni dopo, affermando che il procuratore era stato ucciso da una frangia deviata dei servizi segreti.

La stampa si è scatenata. Jorge Capitanich, capo del gabinetto del governo, ha letto sul Clarín che Nisman sarebbe stato pronto a chiedere l’arresto della Kirchner; ha deciso così di strappare in diretta tv la pagina con l’articolo del cronista Nicolás Wiñazki . Gli è andata davvero male, perché l’importante testata nazionale, da sempre una potenza editoriale e politica a Buenos Aires, il giorno dopo ha pubblicato documenti trovati nella spazzatura della casa di Nisman che confermerebbero la notizia: 26 pagine corrette a mano dal giudice ucciso e un documento firmato dal commissario Rodolfo Gutierrez, capo della Criminalística della Policía federal.

Pochi argentini hanno creduto al suicidio. L’opinione pubblica infatti è scesa nelle piazze e migliaia di persone, con cartelli Yo soy Nisman che riprendono il “Je suis Charlie” di solidarietà alla strage di Parigi, hanno espresso dissenso e distacco dalle istituzioni, rivendicando la necessità di fare chiarezza sugli eventi. Le proteste sono continuate incessanti fino ad arrivare a quello che è stato un vero e proprio evento nazionale: il 18 febbraio circa 400 mila argentini hanno riempito le strade di Buenos Aires sotto la pioggia battente per partecipare alla manifestazione soprannominata ‘marcia silenziosa’.

Dopo oramai più di tre mesi non si è ancora fatta luce sulle ambigue circostanze della morte ma anzi si è solo infittita di nuove ipotesi e pochi passi in avanti sono stati fatti sul fronte indagine.

Intanto la presidente argentina non sarà incriminata. Si concluderà così la peggiore crisi che abbia dovuto superare la Kirchner negli ultimi mesi del suo mandato. Il giudice federale Daniel Refecas ha respinto la denuncia sporta dal magistrato dicendo:

Non c’è una sola prova o un solo indizio, nemmeno circostanziale,che punti verso il capo di stato.

Allo scarso fondamento delle denunce di Nisman si sono aggiunte rivelazioni imbarazzanti sulla sua vita privata e sul modo in cui gestiva il suo lavoro, compreso il fatto che si faceva consegnare una parte dello stipendio dai collaboratori, che lo versavano su un suo conto in banca a New York.

Il capovolgimento della situazione è tale che l’accusatore morto è ormai diventato lui stesso l’accusato. Gli effetti della morte del magistrato avranno certamente importanti conseguenze nel panorama politico argentino perché nonostante il ‘felice’ finale giudiziario per la presidente, il governo ha comunque perso molta credibilità.

La questione centrale però deve assolutamente restare la giustizia per le vittime dell’attentato. Questo faccenda ha risvegliato nelle persone il sentimento negativo dei cittadini nei confronti del sistema giudiziario totalmente inefficace da sempre. Un paese che dovrebbe pensare a rialzarsi dal default finanziario, si trova nuovamente alle prese con morti misteriose e drammi nazionali.

Questa volta la gente non ci sta e vuole una volta per tutte chiarezza e giustizia.


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