Le energie rinnovabili e la polemica del biogas in Italia

Così come l’acqua e l’aria che respiriamo, l’Oro Nero è parte quotidiana della nostra vita, direttamente o indirettamente. Lo usiamo per spostarci con i nostri veicoli, lo usano le industrie per produrre la plastica, viene bruciato per produrre elettricità, lo respiriamo tutti i giorni, perché una volta bruciato il petrolio rilascia CO2 causa dell’effetto serra e dell’acidificazione degli oceani.

Ma l’impatto del petrolio è globale. Senza contare che l’estrazione petrolifera è costosa, la ricerca e l’estrazione offshore disturbano l’ambiente marino circostante. L’estrazione può essere preceduta dal dragaggio, che danneggia il fondo marino e le alghe, fondamentali nella catena alimentare marina. Inoltre chi non ha sentito parlare dei disastri dovuti al greggio e al petrolio raffinato che fuoriescono da navi petroliere incidentate, e che hanno danneggiato fragili ecosistemi in Alaska, nelle Isole Galapagos, in Spagna, in Francia e in molti altri luoghi.

Ma l’Oro Nero ha fatto anche qualcos’altro: ha ridefinito le nazioni e deciso quali dovessero essere le potenze del mondo e ancora oggi genera guerre e conflitti. Non a caso le industrie petrolifere oltre a quelle produttrici di armamenti e farmaci sono le più potenti al mondo, tanto da influire su politiche economiche, ecologiche e faccende di politica estera.

Ma se un tempo il petrolio poteva sembrare l’unica via, l’unico mezzo per far muovere ed alimentare il mondo, oggi questo non è più vero.

Da quando si è scoperto che il petrolio presto si esaurirà e quali sono i danni all’ambiente che provoca, nonché i problemi derivati dall’instabilità geopolitica, è iniziata la corsa alle energie rinnovabili, ovvero metodi di produrre energia attraverso fonti di energia derivanti da risorse naturali che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano almeno alla stessa velocità con cui vengono consumate, e quindi non sono esauribili nella scala dei tempi di ere geologiche.

Insomma al contrario del petrolio, l’utilizzo dell’energia eolica, geotermica, idroelettrica, marina, solare e delle biomasse, non pregiudica le stesse risorse naturali per le generazioni future, perché sono appunto rinnovabili ma soprattutto perché sono fonti di energia alternativa e pulita che non immette nell’atmosfera sostanze inquinanti e climalternati.

In Italia, paese dove si polemizza su qualsiasi cosa, abbiamo detto no al nucleare, ma si hanno problemi anche con l’energia eolica, perché sebbene sia indubbia la sua validità, nessuno la vuole nelle proprie città per non compromettere la bellezza paesaggistica e fioccano i comitati cittadini contro le biomasse.

Forse una delle energie rinnovabili di cui si parla di meno è proprio quella delle biomasse. La Direttiva Europea 2009/28/CE, ripresa da tutta la legislazione ad essa riferente, definisce la biomassa come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

I residui utili per produrre biogas, dunque, possono avere più origini: scarti dell’agroindustria (trinciato di mais, sorgo o altre colture), dell’industria alimentare (farine di scarto o prodotti scaduti), dell’industria zootecnica (reflui degli animali o carcasse), si possono utilizzare anche colture appositamente coltivate allo scopo di essere raccolte e trinciate per produrre “biomassa”, come mais, sorgo zuccherino, grano e bietole.

Per generare biogas i vegetali coltivati, o rifiuti vegetali e liquami di origine animale, sono sottoposti a digestione o fermentazione anaerobica, cioè in assenza di ossigeno. La biomassa viene chiusa in un digestore (ad esempio realizzato con la tecnologia UASB) nel quale si sviluppano microrganismi che con la fermentazione dei rifiuti formano il cosiddetto biogas. Dopo trattamento depurativo, questo può essere usato come carburante, combustibile per il riscaldamento o il raffreddamento e per la produzione di energia elettrica.

Ma come tutte le cose i biogas hanno sia vantaggi che svantaggi.

Iniziando dai primi, sicuramente il fattore più importante è che la CO2 prodotta dalla combustione del metano così ricavato permette di pareggiare il bilancio dell’anidride carbonica emessa in atmosfera: infatti la CO2 emessa dalla combustione del biogas è la stessa CO2 fissata dalle piante (o assunta dagli animali in maniera indiretta tramite le piante), al contrario di quanto avviene per la CO2 emessa ex novo dalla combustione dei carburanti fossili. Inoltre, l’utilizzo del biogas, impedisce la diffusione nella troposfera del metano emesso naturalmente durante la decomposizione di carcasse e vegetali: il metano è infatti uno dei gas-serra più potenti ed è quindi auspicabile la sua degradazione in CO2 e acqua per combustione. In questo sono esempio numerose realtà italiane ed europee

Tuttavia il biogas ha molte controindicazioni, come fanno notare i diversi comitati civici che si mobilitano in opposizione all’installazione di centrali a biomasse, usando però argomentazioni fallaci. L’Italia, infatti, è notevolmente indietro rispetto al resto del nord Europa, perché risulta difficile, per le amministrazioni locali cui è affidata la scelta, elaborare una valutazione in cui i vantaggi-benefici e gli svantaggi-costi trascendono la dimensione locale e investono la “comunità nella sua interezza”.

Nonostante tutti i ragionamenti fallaci, gli insulti, le istigazioni al reato e l’allarme sociale procurato, sono principalmente due i problemi effettivi a cui fa riferimento chi dice no al biogas. Se si escludono le centrali che sfruttano il biogas prodotto dalla decomposizione di prodotti organici delle discariche, molte centrali a biogas usano liquami animali combinati con vegetali (nel rapporto di 25:75), poiché la resa del biogas si ottimizza mescolando più tipologie di prodotti organici.

Quindi, primo fra tutti, per questo tipo di centrali (il più diffuso), c’è il problema della materia prima, infatti per alimentare una centrale da 1 MW, usando solamente prodotti appositamente coltivati, occorrono circa 300 ha di terreno a disposizione, pertanto se ciò venisse effettuato su grande scala per molte migliaia di ettari su terreni agricoli di pregio già utilizzati per l’alimentazione umana o animale, si sottrarrebbe terreno alla produzione di derrate alimentare. È pertanto fondamentale regolamentare la percentuale e la tipologia di superficie nazionale coltivabile a biomasse, per mantenere un equilibrio fra colture dedicate all’alimentazione umana o animale e colture dedicate alla produzione di energia.

Gli ultimi anni sono stati però caratterizzati da un progressivo abbandono dei terreni a causa della scarsa redditività dell’agricoltura e dalla concorrenza dei paesi esteri. La sostituzione di colture a basso reddito con il mais da biomassa ha permesso a molte aziende di sopravvivere a questo momento di crisi. Questo pone però il problema della conversione di territorio agricolo a fine alimentare in territorio agricolo a fine energetico. In questi casi, poiché i vegetali necessari per la fermentazione non sono destinati all’alimentazione umana e poiché quello che conta è la resa, i terreni coltivati vengono irrorati con dosi massicce di fertilizzanti e di pesticidi, inquinando il terreno stesso e le falde acquifere sottostanti.

Un altro problema è legato ai cattivi odori emessi dalla fermentazione dei vegetali e/o dal liquame associato. Il problema è risolvibile mediante una corretta gestione dell’impianto, infatti le vasche per lavorare devono essere completamente sigillate. Molte di queste centrali, in genere per sfruttare il calore in eccesso in una rete di teleriscaldamento, stanno sorgendo lontano dalle zone di produzione del liquame e vicino alle abitazioni con conseguente pesante disagio per le popolazioni. Questo comporta tra l’altro uno spostamento di migliaia di camion a livello esclusivamente locale in quanto gli impianti sono alimentati da filiera corta con una conseguente diminuzione dell’inquinamento derivante dal trasporto su lunghe distanze.

Insomma, nonostante le polemiche più o meno fondate, i dati scientifici e le opinioni personali, è innegabile che i combustibili fossili vadano sostituiti. Potremmo avere qualche difficoltà a decidere quale sia l’opzione migliore, ma l’energia rinnovabile è il nostro futuro e nonostante ciò ancora oggi si finanziano di più le energie tradizionali rispetto a quelle rinnovabili, andando contro il nostro stesso interesse.

Quale sia la soluzione è difficile dirlo, ma certamente informare il pubblico, parlare correttamente dell’argomento evitando chiacchiere da bar, sentendo gli esperti, leggendo i dati scientifici, non può che essere un fattore positivo.


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