unità d'Italia

Unità d’Italia: ricordare fa bene

di Federico Terreni

Il 17 marzo ricorre l’anniversario dell’Unità d’Italia.

Più precisamente, la legge n°4671, promulgata il 17 marzo 1861 dal parlamento Subalpino, proclamava Vittorio Emanuele II «re d’Italia, per grazia di Dio e volontà della nazione», dando vita, di conseguenza, al Regno d’Italia. Parlare di unità, infatti, è erroneo. Nel 1861 il processo di unificazione non era stato affatto completato. Si dovette aspettare il 1866 per l’annessione del Veneto (che allora comprendeva la città di Mantova e il Friuli occidentale), in seguito alla vittoria militare italiana in occasione della Terza guerra d’indipendenza; la breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870 per la conquista di Roma; l’esito positivo della Prima guerra mondiale e gli anni successivi al conflitto per l’ottenimento delle terre irredente.

Tuttavia, è impossibile non riconoscere l’importanza storico-culturale di un giorno che dovrebbe rappresentare un momento unico di coesione sociale, di patriottismo e di rispettoso ricordo del Risorgimento italiano e delle sue vittime.

Ebbene, non è così.

Sinceramente, se una rivista oppure un’associazione qualsiasi compisse un sondaggio per sapere quanti cittadini italiani conoscono l’anniversario dell’Unità d’Italia, i risultati sarebbero drammaticamente deludenti.  E tutta la colpa non sarebbe da attribuire solo a loro. Primi fra tutti i media italiani che il 17 marzo di ogni anno dicono poco o niente in merito alla festa dell’Unità d’Italia. Anche tra i banchi di scuola, personalmente, al di fuori del normale programma didattico, non ho ricordo di una lezione o di un momento di riflessione sul significato di un evento storico eccezionale per la storia della nostra penisola.

L’unica eccezione si è verificata in occasione del 150° anniversario, il 2011. Solo quell’anno si assistette a eventi ufficiali, a tanta pubblicità, programmi televisivi e visite da parte dei vertici del governo nei luoghi storici del Risorgimento italiano. Inoltre, solo la legge n°222 del 23 novembre 2012 del Parlamento italiano, al terzo comma, ha approvato in via definitiva l’istituzione della “giornata nazionale dell’Unità, della Costituzione, dell’inno e della bandiera” a cadenza annuale. Poi, il testo della norma sollecita le scuole ad organizzare iniziative culturali e incontri per informare sul Risorgimento.

Un confronto con l’estero

Ovviamente, il 17 marzo è un consueto giorno lavorativo, cosa piuttosto inconsueta rispetto alla celebrazione di feste della stessa levatura – se non addirittura minore – all’estero. L’esempio calzante è rappresentato dall’Indipendence day americano. Il 4 luglio 1776, presso il Congresso di Philadelphia, fu siglata la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, un documento in cui tredici colonie della costa atlantica nordamericana dichiararono la loro indipendenza dalla Gran Bretagna. Essenzialmente, in America il 4 luglio è il giorno più importante dell’anno. Il popolo festeggia con cerimonie, fuochi d’artificio, il discorso ufficiale del Presidente degli Stati Uniti, barbecues, partite di baseball di beneficienza. Insomma, una festa enorme.

Ma davvero noi voltiamo le spalle ogni anno a oltre centomila italiani morti per la stessa sacrosanta causa, spinti impetuosamente da un sentimento di lotta all’oppressione e di libertà che affonda le sue radici sin dalla canzone “Italia mia” di Francesco Petrarca e dal pensiero di Dante Alighieri? Davvero, proprio in tempi duri come questi, facciamo finta di niente e non ci impegniamo a rivalutare l’evento simbolo della nostra terra?

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